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Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

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***<br />

Al Consiglio superiore della magistratura - Settima Commissione<br />

All’<strong>Associazione</strong> nazionale magistrati<br />

Un progetto per la giustizia<br />

Oggetto: Richiesta di determinazione del carico di lavoro sostenib<strong>il</strong>e<br />

I sottoscritti magistrati dei distretti di Corte di Appello di Catania, Messina, Bari<br />

e Caltanissetta chiedono - condividendo un’analoga iniziativa dei colleghi del Tribunale<br />

di Lecce e della Procura di Bari - la determinazione da parte del Csm del carico<br />

di lavoro sostenib<strong>il</strong>e da ciascun magistrato, ritenendola assolutamente necessaria<br />

ed indifferib<strong>il</strong>e sotto diversi prof<strong>il</strong>i: organizzativo, disciplinare e valutativo.<br />

Con riferimento al primo prof<strong>il</strong>o, l’individuazione del “carico di lavoro” (comprensivo<br />

sia dei procedimenti pendenti che delle sopravvenienze) sostenib<strong>il</strong>e dal<br />

singolo magistrato costituisce indubbiamente un parametro determinante per la<br />

comprensione e la soluzione dei problemi organizzativi degli uffici giudiziari. Questo<br />

dato sinora non è stato adeguatamente considerato, mentre un’organizzazione<br />

razionale, efficiente del lavoro negli uffici non ne può assolutamente prescindere.<br />

I risultati raggiunti dalla moderna scienza dell’organizzazione presuppongono,<br />

infatti, proprio la misurazione, la quantificazione del lavoro che un’unità lavorativa,<br />

in un dato contesto, può svolgere in un determinato arco di tempo.<br />

Qualsiasi ipotesi organizzativa (determinazione delle piante organiche, formazione<br />

delle tabelle, ufficio per <strong>il</strong> processo) deve necessariamente fare i conti con<br />

questo importante parametro, per non essere destinata ad un inevitab<strong>il</strong>e fallimento<br />

rispetto agli obiettivi di efficienza che si vogliono raggiungere, sia in ordine alla<br />

produttività degli uffici (e dei singoli magistrati), sia con riferimento alla ragionevole<br />

durata dei processi.<br />

L’efficienza del sistema giudiziario di altri Stati è costruita su adeguati carichi di<br />

lavoro e con l’indispensab<strong>il</strong>e apporto di uomini e mezzi direttamente finalizzato a<br />

sostenere l’attività del giudice.<br />

Il mero intervento normativo, a qualsiasi livello venga attuato (mediante leggi,<br />

circolari ministeriali, regolamenti o circolari del Csm), ha ormai chiaramente dimostrato<br />

la propria incapacità di governare efficacemente, nella realtà, le prestazioni<br />

del sistema senza incidere in modo effettivo sull’attuale assetto organizzativo.<br />

Come r<strong>il</strong>evato dagli studiosi delle organizzazioni che hanno analizzato espressamente<br />

la nostra realtà lavorativa, attualmente <strong>il</strong> numero delle cause assegnate al<br />

singolo giudice è libero e dipende dalla “domanda di giustizia” che emerge nel territorio<br />

di sua competenza, mentre <strong>il</strong> numero di sentenze che un giudice può ragionevolmente<br />

scrivere nel corso di un anno, per quanto variab<strong>il</strong>e a seconda delle caratteristiche<br />

del singolo e delle cause che ha trattato, è comunque finito.<br />

I parametri di input e quelli di output non sono, pertanto, congruenti, e proprio<br />

questa incongruenza determina in massima parte l’eccessiva durata dei processi (S.<br />

Zan, Fascicoli e Tribunali, pag. 49).<br />

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