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Giuseppe Bronzini<br />

pertura al dialogo tra Corti ed allo scambio tra sistemi giudiziari nazionali e<br />

sovranazionali.<br />

Anche la Cassazione sembra muoversi con molto più coraggio, a cominciare<br />

da casi diffic<strong>il</strong>i come quello del diritto ad una morte dignitosa che è<br />

stato affrontato a partire da una ricognizione compiuta delle fonti e delle<br />

esperienze europee. Siamo vicini a cambiamenti che approfondiranno ulteriormente<br />

questa esposizione rischiosa a fonti e a correnti interpretative non<br />

interne: con <strong>il</strong> Trattato di Lisbona si avrà la formale obbligatorietà della Carta<br />

di Nizza (anticipata dalla Corte di giustizia in ben sette sentenze); dobbiamo<br />

prepararci, auspicab<strong>il</strong>mente, ad un uso diffuso del B<strong>il</strong>l of ritghs europeo,<br />

le cui norme avranno lo stesso legal value di quelle dei Trattati. La sfera<br />

di applicab<strong>il</strong>ità della Carta ex art. 51 dovrebbe essere enorme posto che per<br />

«applicazione nazionale del diritto comunitario» si deve intendere - seguendo<br />

la migliore dottrina - ogni situazione nella quale la regolamentazione interna<br />

entra nel cono d’ombra della disciplina europea; in ogni caso la Carta<br />

di Nizza come Testo che elenca i valori di base dell’Unione opera da fonte<br />

di ispirazione interpretativa senza limiti di sorta. Ancora la Ue aderirà alla<br />

Cedu, in una direzione di unificazione ulteriore del diritto comunitario e delle<br />

fonti del Consiglio d’Europa, opzione questa le cui conseguenze sono tutte<br />

da valutare. Infine anche <strong>il</strong> cosiddetto terzo p<strong>il</strong>astro sarà comunitarizzato,<br />

anche se la Corte di giustizia ha già anticipato molti degli effetti della parificazione<br />

tra p<strong>il</strong>astri.<br />

Il cuore del sistema (v. le indicazioni anche della nostra Corte) sarà necessariamente<br />

l’interpretazione conforme del giudice comune, vero cemento<br />

di costruzione di una comune cultura dei diritti fondamentali sotto la regia<br />

delle due Corti europee.<br />

Insomma i tempi per un “ piano europeo” per i giudici italiani sono molto<br />

stretti. Ognuno deve fare la sua parte e certamente i magistrati italiani sono<br />

pronti a fare la loro e non a prendere come scusa per atteggiamenti conservatori<br />

<strong>il</strong> fatto che in generale <strong>il</strong> grado di ottemperanza istituzionale agli<br />

impegni europei è molto bassa: l’Italia è settima per cause pendenti alla Corte<br />

di Strasburgo (ma è prima tra i quindici Paesi aderenti all’Ue sino<br />

all’allargamento); è tra gli ultimi nella ricezione delle direttive (mancano ancora<br />

moltissimi atti di ricezione di atti internazionali di r<strong>il</strong>ievo primario come<br />

la Convenzione sulla tortura), e tra le prime nei procedimenti di infrazione;<br />

a ciò si aggiungono inadempienze più a carattere politico-sociale, essendo<br />

come noto l’Italia l’ultimo paese (nell’Ue a 27) nel raggiungimento<br />

degli obiettivi della Agenda di Lisbona. Sebbene questi deficit di sistema<br />

siano gravissimi, sono convinto che i giudici italiani aspirino comunque a<br />

mettersi all’avanguardia nel processo di costruzione di un circuito unitario<br />

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