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Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

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Un progetto per la giustizia<br />

- modulare <strong>il</strong> rito ordinario a seconda della complessità-semplicità della controversia;<br />

- rivisitare <strong>il</strong> sistema delle impugnazioni;<br />

- incentivare le sedi conc<strong>il</strong>iative e gli strumenti di composizione-mediazione<br />

dei conflitti.<br />

Per ridurre i tempi di durata del processo ai magistrati viene chiesto di<br />

produrre sempre di più: di qui la necessità di stab<strong>il</strong>ire quanti processi un<br />

magistrato può ragionevolmente definire nel rispetto di standard accettab<strong>il</strong>i<br />

di giustizia ed anche al fine di evitare l’esposizione a responsab<strong>il</strong>ità disciplinare<br />

e contab<strong>il</strong>e per ritardi non imputab<strong>il</strong>i alla magistratura (tale esigenza è<br />

stata già avvertita dalla Sezione disciplinare del Csm con la sentenza n. 8 del<br />

2002). È questo <strong>il</strong> noto problema dei carichi di lavoro esigib<strong>il</strong>i, già risolto<br />

per i giudici amministrativi: l’art. 19 della legge n. 205 del 2000 ha previsto<br />

che <strong>il</strong> Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa «determina i criteri<br />

e le modalità per la fissazione dei carichi di lavoro dei magistrati», cui è<br />

stata data attuazione con <strong>il</strong> provvedimento del 18 dicembre 2003, che ha<br />

stab<strong>il</strong>ito <strong>il</strong> numero minimo e massimo delle udienze, dei procedimenti, nonché<br />

delle sentenze, a seconda dell’indice di difficoltà, esigib<strong>il</strong>e pro capite<br />

mens<strong>il</strong>mente.<br />

Finora non ho udito negli interventi alcun cenno alla Cassazione, ove,<br />

nonostante lo sforzo profuso con sacrificio personale dai singoli giudici della<br />

Corte e della Procura generale, per l’assenza di un idoneo f<strong>il</strong>tro di accesso<br />

al giudizio di legittimità, è in atto una terza emergenza, dopo quelle conseguenti<br />

alla privatizzazione del pubblico impiego e alla soppressione della<br />

Commissione tributaria centrale: sono i numeri a dirlo, nel solo settore civ<strong>il</strong>e<br />

vi è una pendenza superiore a 100m<strong>il</strong>a ricorsi, nel solo anno 2007 si registra<br />

una sopravvenienza di oltre 32m<strong>il</strong>a ricorsi.<br />

Le misure introdotte dal d.lgs n. 40 del 2006 non hanno sortito l’effetto<br />

sperato: per verificare l’efficacia di una riforma bisogna partire dalle finalità<br />

di essa e poi verificare, articolato alla mano, se gli obiettivi possano essere<br />

raggiunti. Ebbene detti obiettivi, peraltro dichiarati, sono costituiti dal rafforzamento<br />

della funzione nomof<strong>il</strong>attica e dalla riduzione dell’enorme carico<br />

di lavoro, che già di per sé costituisce un ostacolo a tale funzione. Peraltro,<br />

lo strumento adoperato per introdurre i principi della legge delega non è stato<br />

tra i più felici, perché non ha consentito un’analisi approfondita e meditata<br />

(come è noto, la delega è stata inserita nella legge di conversione del decreto<br />

legge sulla competitività).<br />

Inoltre, come è agevole r<strong>il</strong>evare dall’esame del testo, accanto alle misure<br />

ut<strong>il</strong>i introdotte (le più incisive riguardano le sentenze del giudice di pace secondo<br />

equità e quelle in tema di sanzioni amministrative rese appellab<strong>il</strong>i ma,<br />

comunque, assoggettate al terzo grado di giudizio, l’eliminazione del ricorso<br />

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