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Scarica il pdf - Associazione Nazionale Magistrati

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Un progetto per la giustizia<br />

ritardi della giurisdizione civ<strong>il</strong>e. Nello stesso tempo potrebbe riservare ai<br />

giudici domestici un diverso compito: di verificare, a processo in corso, quali<br />

tempi e quali iniziative assumere per definire una lite pendente da troppo<br />

tempo. La legge Pinto, come è stata intesa, in funzione brutalmente riparativa<br />

e vagamente punitiva, costituisce solo un pericolo per la resa di giustizia:<br />

adottare e riadattare le forme sperimentate altrove (<strong>il</strong> recurso de amparo spagnolo)<br />

per un case management gestionale che, partendo dall’agenda del giudice,<br />

dalle scelte di priorità equ<strong>il</strong>ibrate tra cronologia e r<strong>il</strong>evanza economico<br />

sociale delle liti, ne solleciti la definizione, è via che dovrebbe essere perseguita<br />

con esitazioni ben minori di quelle - limitatissime - che hanno portato<br />

alla disciplina criticata.<br />

Indirettamente, ma significativamente, l’obiettivo della ragionevole durata<br />

va poi favorito con misure di concreto impatto deflazionistico: l’elevazione<br />

della misura degli interessi legali decorrenti in corso di causa, già ut<strong>il</strong>mente<br />

sperimentata, potrebbe risultare ben più efficace in anni in cui i tassi di interesse<br />

contenuti non consentono ai debitori renitenti di avvantaggiarsi del<br />

ritardato pagamento.<br />

La stessa Corte di legittimità, che pure grazie ad uno sforzo ingente di<br />

autoorganizzazione e alla novella del 2006 fronteggia meglio le sopravvenienze,<br />

risente dell’aggravio conseguente alle controversie per riparazione<br />

del danno da irragionevole durata. Sulla Corte Suprema incombe proprio <strong>il</strong><br />

compito di applicare la riforma del rito con equ<strong>il</strong>ibrio e prudenza, per non<br />

suscitare rigetto nell’avvocatura e tentazioni restauratrici. La vigoria della<br />

Struttura per l’esame centralizzato dei ricorsi e lo strumentario di cui è stata<br />

dotata con <strong>il</strong> nuovo art. 366 bis cpc consente di fulminare con la declaratoria<br />

di inammissib<strong>il</strong>ità o con agevole definizione nel merito un buon numero di<br />

controversie. Non si può mancare di r<strong>il</strong>evare che dietro le moltissime inammissib<strong>il</strong>ità<br />

(per mancata formulazione del quesito di diritto o<br />

dell’omologo momento di sintesi nel caso di censura sulla motivazione ex<br />

art. 360 n. 5 cpc; per incongruità del quesito o per esposizione carente e inconferente<br />

del motivo stesso) si ritrovano non solo impugnazioni speciose e<br />

defatigatorie, ma anche gravami meritevoli di considerazione, se non fossero<br />

incorsi in difetti formali insuperab<strong>il</strong>i. Di ciò <strong>il</strong> giudice non può non tener<br />

conto. Per un equ<strong>il</strong>ibrio complessivo del sistema, decisioni che si debbano<br />

trincerare dietro vizi di forma non appagano neppure chi deve assumerle:<br />

sono addirittura insopportab<strong>il</strong>i per chi debba patirle a seguito di normative<br />

prive di precedenti, a elaborazioni giurisprudenziali nuove, a rigorismi formalistici.<br />

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