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Franco Cassano<br />

giudice, Tribunale di Bari<br />

La responsab<strong>il</strong>ità professionale del giudice<br />

Un progetto per la giustizia<br />

Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, l’istituzione magistratuale<br />

ha vissuto un profondo rinnovamento generazionale che ha accelerato la<br />

tendenza dei giudici, anche in conseguenza dell’introduzione della legge sulla<br />

responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e, a percepirsi come appartenenti ad un corpo professionale<br />

proprio dello Stato comunità, piuttosto che espressione burocratica<br />

dello Stato apparato.<br />

Il ruolo ed <strong>il</strong> sentire dei giudici sono mutati profondamente grazie alla introiezione<br />

dei principi costituzionali, diventati <strong>il</strong> criterio guida ispiratore<br />

dell’interpretazione giurisprudenziale. Il carattere inevitab<strong>il</strong>mente creativo e<br />

in senso lato politico dell’attività interpretativa, tipica della funzione giurisprudenziale,<br />

è un dato culturale ormai indiscusso. Gli inviti reiterati rivolti<br />

ai giudici dalla Corte costituzionale acché essi interpretino, se possib<strong>il</strong>e, la<br />

legge in modo conforme alla Costituzione, prima di sollecitarne la declaratoria<br />

di incostituzionalità, in uno al mutamento dei caratteri della legislazione,<br />

da atto espressivo della sovranità del Parlamento ad atto “negoziato”, alla<br />

perdita di centralità del Parlamento in favore del policentrismo politico (ad<br />

es. per <strong>il</strong> proliferare delle cd autorità indipendenti), ed al ruolo sempre più<br />

preponderante svolto dalla legislazione sovranazionale, hanno posto definitivamente<br />

in crisi la visione del giudice “bocca della legge”.<br />

D’altro canto, da tempo in Italia erano venuti meno i meccanismi tradizionali<br />

di controllo tipici di una magistratura burocratica: tranne l’accesso<br />

per concorso, tipico da pubblico impiego, che ha assicurato <strong>il</strong> flusso costante<br />

del pluralismo sociale e culturale all’interno dell’istituzione, la magistratura<br />

italiana si è atteggiata sempre più come corpo professionale: si pensi alla<br />

marcata indipendenza del pm dalla politica, esperienza unica nel panorama<br />

continentale; allo scarso r<strong>il</strong>ievo della responsab<strong>il</strong>ità disciplinare; all’introduzione<br />

di forme di responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e in luogo della responsab<strong>il</strong>ità disciplinare;<br />

allo scarso r<strong>il</strong>ievo della carriera, regolata soprattutto dall’anzianità; alla<br />

scarsa efficacia dei poteri dirigenziali, regolamentati minuziosamente dal<br />

Csm; alla cura autonoma della crescita professionale.<br />

L’assenza di controlli di tipo burocratico ha posto in crisi i tradizionali<br />

metodi di omologazione culturale dei giudici, ne ha favorito l’indipendenza<br />

interna ed esterna, e quindi la libertà interpretativa (agevolata anche dalla<br />

crisi della funzione nomof<strong>il</strong>attica propria della Cassazione).<br />

Essa, alla lunga, si è rivelata anche un fattore inevitab<strong>il</strong>e di disgregazione<br />

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