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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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uon aspetto, buona sanità e buoni costumi, Caterina è una donna priva <strong>di</strong>tutela maschile, ma più che in pericolo, risulta pericolosa, perché la sua sagaciae la sua in<strong>di</strong>pendenza economica fanno <strong>di</strong> lei un modello opposto a quelloculturale e sociale imperante. Sceglierla come Madre delle Forzate significavain fondo estendere una forma <strong>di</strong> controllo anche su <strong>di</strong> lei.Mentre la provenienza dal ceto artigiano è attestata da Caterina Musso,appartenevano al ceto militare la Madre Arduzzi, vedova <strong>di</strong> un capitano, cheottenne l’incarico al Soccorso nel 1689 252 , e la Madre Perone, vedova <strong>di</strong> unmaggiore, attiva alle Forzate fra il 1790 e il 1792.Quanto alla provenienza torinese, anche se i regolamenti non ne parlanoè possibile che nel XVII secolo si sia guardato a tale requisito con unacerta attenzione; tuttavia l’origine modenese <strong>di</strong> Anna Dallamano ci in<strong>di</strong>cache nel XVIII secolo non costituiva più un elemento rilevante 253 .Nella cura e nell’educazione delle internate la Madre era aiutata dallasottomadre al Soccorso, e dalla governante al Deposito e alle Forzate. Insiemealla Madre, esse erano gli unici elementi del personale a cui era richiestauna presenza interna continua, sia <strong>di</strong> notte che <strong>di</strong> giorno. Provvedevanoinoltre all’educazione spirituale il padre spirituale per le ore <strong>di</strong> catechesi, ilconfessore, che era il rettore della confraternita della Misericor<strong>di</strong>a, e il cappellanoper la celebrazione quoti<strong>di</strong>ana della messa. Era invece lasciato allaMadre e alla sua vice il compito <strong>di</strong> vegliare con attenzione sugli aspetti e<strong>di</strong>ficantidel comportamento delle ricoverate, sempre tenendone informato ilpadre spirituale. Quanto alle maestre, competeva loro l’insegnamento delleattività <strong>di</strong> lavoro e l’alfabetizzazione. Benché il termine “maestra” compaiasolo al Soccorso nella seconda metà del XVIII secolo, la prassi <strong>di</strong> coin<strong>vol</strong>gerele figlie più abili nell’insegnamento alle compagne fu attuata sin dal secoloprecedente. Ancora agli inizi dell’Ottocento, coloro che furono designate coltermine <strong>di</strong> maestra erano internate del Soccorso con tempi <strong>di</strong> permanenza edetà superiori alla me<strong>di</strong>a, e senza prospettive <strong>di</strong> uscita 254 .In origine, sia gli insegnamenti legati alle attività lavorative che allagestione domestica erano impartiti dalla Madre e dalla sottomadre o dalla252ASSP, I, CSP, Repertori dei lasciti, 163, s.v. «Soccorso»; Socc., Or<strong>di</strong>nati, 251, or<strong>di</strong>natodel 18 settembre 1689. La Arduzzi era presumibilmente vedova <strong>di</strong> Domenico Arduzzi, ingegnere<strong>di</strong> “Sua Altezza”, capitano nel 1645, maestro <strong>di</strong> matematica e geometria dei Paggi nel1655, inviato in missione segreta a Can<strong>di</strong>a tra il 1668 e il 1669, morto nel 1674 (Brayda - Coli- Sesia, 1963, p. 31).253ASSP, I, CSP, Repertori dei lasciti, 163, s.v. «Soccorso»; 161, s.v. «Deposito»; Dep.-Forz.,Or<strong>di</strong>nati, 252.254Ibidem.142

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