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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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essere ammesse il marchio classico del declassamento, e cioè l’essere orfane<strong>di</strong> padre, l’assenza del sostegno economico e del controllo paterni. Il padredelle ragazze accettate è ora per lo più vivente, né vengono menzionate nellerichieste <strong>di</strong> ammissione con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> bisogno particolari. Maritano mostrainfine i limiti dell’interpretazione che assegna a queste istituzioni la funzione<strong>di</strong> preservare l’onore in pericolo <strong>di</strong> donne poco protette. La creazione <strong>di</strong>“piazze <strong>di</strong> nuova regola” al Soccorso a metà Seicento fa sì che i posti per lelungo-residenti <strong>di</strong>vengano ben presto assai più numerosi <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong>retti afanciulle in pericolo che dovevano in teoria offrire ricovero per un solo anno.Tale novità è seguita dalla crescita delle piazze <strong>di</strong> fondazione privata <strong>di</strong> cui siè già detto, che portano a nomine nell’ambito della famiglia del benefattore,e sono dunque motivate dall’appartenenza più che dal bisogno economico omorale.Parrebbe dunque che assai presto le istituzioni femminili torinesi perdanola loro funzione caritativa e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa dell’onore. Nell’interpretare questeistituzioni ci si è spesso arrestati alla retorica originaria, che pone al centro lafanciulla abbandonata, senza famiglia, senza indagare oltre; ma un’analisi piùaccurata mette in luce come, almeno dal Settecento, le residenti non fosserogiovani in pericolo, né donne perdute, e nemmeno ragazze provenienti dafamiglie in gravi <strong>di</strong>fficoltà economiche. Dobbiamo cercare dunque una nuovainterpretazione del loro ruolo sociale. Possiamo parlare <strong>di</strong> trasformazione precocedelle loro funzioni da assistenziali in educative, come si è fatto per il casoromano, anche se per un periodo più tardo 21 ? L’abbassamento dell’età richiestaper essere ammesse suggerirebbe in effetti la loro precoce trasformazionein case <strong>di</strong> educazione per bambine e adolescenti. E tuttavia Maritano mettein luce come l’istruzione impartita sia ben limitata e renda prematuro parlare<strong>di</strong> “educandati”. La sua analisi dell’impatto sociale <strong>di</strong> queste istituzioniricorda piuttosto la tesi avanzata per le doti elemosinarie. Si è osservato, infatti,che a Roma anche la carità dotale confraternale appare ri<strong>vol</strong>ta ai ceti me<strong>di</strong>,cioè ad artigiani prosperi e a notabili 22 . Come per le doti offerte dalle istituzionidella <strong>Compagnia</strong>, inoltre, queste non erano che un sussi<strong>di</strong>o a quelle chepotevano essere pagate dalle famiglie. Sarebbe semplicistico dunque vederlecome doti “caritative”. A Roma, quelle fornite dalla confraternita dell’Annunziataerano ormai <strong>di</strong>venute “premi alla virtù”, più un riconoscimento <strong>di</strong>merito in<strong>di</strong>viduale e sociale della famiglia che una forma <strong>di</strong> assistenza, e come21Groppi, 1994.22D’Amelia, 1990.45

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