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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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od in <strong>di</strong>fetto a quelle che verranno in appresso nominate» 177 . Tale nomina spettavaai <strong>di</strong>rettori dell’Opera e doveva riguardare le parenti del testatore fino aldecimo grado; in mancanza <strong>di</strong> queste, i <strong>di</strong>rettori potevano scegliere giovani cheavessero «stimato essere più conformi all’Istituto dell’Opera» 178 .La dote poteva altresì riguardare chi entrava in convento: anche se nonsono numerosi i casi menzionati, tuttavia le ta<strong>vol</strong>e <strong>di</strong> fondazione delle piazzenon escludevano questa possibilità, ma la ammettevano in alternativa alladote matrimoniale. Simile <strong>vol</strong>ontà era esplicita, ad esempio, nel testamentodel signor Domenico Borbonese che, destinando alla <strong>Compagnia</strong> la somma<strong>di</strong> lire 15.000 conl’obbligazione <strong>di</strong> mantenere perpetuamente due figlie nella Casa detta del Soccorsocon provvederle degli alimenti, dell’imbianchisaggio, delle lingerie, della assistenzadei me<strong>di</strong>ci pei casi <strong>di</strong> infermità, come pure <strong>di</strong> far loro ogni altra somministranza,precisava che ciò che fosse avanzato andasse a costituire «il sussi<strong>di</strong>o dotale<strong>di</strong> caduna <strong>di</strong> esse figlie in occasione che usciranno dal ritiro suddetto o percollocamento in matrimonio o per altro spirituale stabilimento» 179 .Da un or<strong>di</strong>nato del 1831 risultava l’erogazione della dote per un casosingolare, ma non isolato: si tratta della dote Moja, riconosciuta ad un’allievadel Soccorso in seguito alla «abiura agli errori della setta Calviniana» 180 . Inlinea con quanto già avveniva nel passato e in sintonia con i principi ispiratori,la <strong>Compagnia</strong> si faceva promotrice e sostenitrice dell’adesione alla fedecattolica <strong>di</strong> coloro che per svariati motivi non vi erano stati educati o se neerano allontanati.Ad un dovere morale faceva eco un impegno concreto, che poteva tradursiin un contributo in denaro come nell’accoglienza delle giovani all’internodelle Case del soccorso e del deposito, ovvero nell’offerta <strong>di</strong> una realepossibilità <strong>di</strong> essere educate e sostenute nella crescita spirituale e materiale.Accanto alla <strong>di</strong>stribuzione delle doti a povere ragazze, fulcro dell’attivitàdell’Ufficio pio sin dalla sua fondazione, risalente alla fine Cinquecento,si attesta come non fosse inconsueto che altri contributi <strong>di</strong> natura economica,dal carattere straor<strong>di</strong>nario, fossero destinati alle figlie del Soccorso e delDeposito. È il caso, ad esempio, del «pagamento delle vesti a povere figlie»,177ASSP, II, EDI, Alunne, 4689.178Ibidem.179Ibidem.180ASSP, I, CSP, Or<strong>di</strong>nati-Verbali, 19, seduta del 4 settembre 1831.247

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