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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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fruitori delle opere assistenziali hanno costituito due filoni separati <strong>di</strong> analisi,Maritano mette proficuamente assieme questi due aspetti mostrando comel’identità dei benefattori getti luce anche sulle trasformazioni dell’identitàdelle residenti 17 . Ciò consente <strong>di</strong> evidenziare la specifica caratterizzazionesociale <strong>di</strong> queste istituzioni, sfuggita ad altri stu<strong>di</strong>, o associata in genere adun periodo più tardo e interpretata come in<strong>vol</strong>uzione, dettata dalle ristrettezzeeconomiche, delle intenzioni originarie 18 . Espressioni come “donne <strong>di</strong>civil con<strong>di</strong>zione”, “ben nate” o “<strong>di</strong> nascita civile”, o ancora “figlie <strong>di</strong> maniera”ricorrono nella documentazione relativa alle assistite dalle istituzioni sanpaolinea suggerire che le residenti erano spesso tutt’altro che derelitte. Ciò èconfermato in primo luogo dalle occupazioni dei loro padri che, quando note,mostrano una sistematica concentrazione <strong>di</strong> professioni liberali e <strong>di</strong> impiegatidello Stato o dell’esercito, e anche da un più piccolo campione <strong>di</strong> occupazionidegli sposi, che riflette lo stesso tipo <strong>di</strong> appartenenza sociale. È vero che èpossibile provare questo punto soprattutto per la seconda metà del Settecento,a causa dell’assenza <strong>di</strong> una documentazione comparabile per il secoloprecedente; altri elementi suggeriscono tuttavia il precoce interesse del cetome<strong>di</strong>o per queste istituzioni e l’influsso che questi gruppi ebbero sulle loropolitiche. Ciò è evidente se pren<strong>di</strong>amo in considerazione l’identità dei benefattori:a partire da fine Seicento e con maggior forza nel Settecento le piazze<strong>di</strong> fondazione privata si devono a donne e uomini <strong>di</strong> famiglie arricchitesicol commercio: Gioanetti, Crosa, Bernocco, Borbonese, Foassa, e cioè grossinomi del panorama mercantile torinese, lasciano fon<strong>di</strong> per la creazione <strong>di</strong> 1,2, o anche 10 o 15 piazze. È evidente che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> definire in termini più omeno precisi i fruitori dei nuovi posti dava a questi ceti un controllo note<strong>vol</strong>esulle istituzioni in questione, le cui regole venivano mo<strong>di</strong>ficate da quelle cheil benefattore imponeva per le “sue” piazze. Si tenga conto, inoltre, del fattoche il numero relativo <strong>di</strong> piazze <strong>di</strong> fondazione privata crebbe note<strong>vol</strong>menterispetto al numero <strong>di</strong> quelle libere, allargando dunque l’influenza dei benefattorisulla politica assistenziale della <strong>Compagnia</strong>. È comprensibile poi che lenuove risorse venissero orientate a favore delle fasce <strong>di</strong>sagiate dei ceti da cuiprovenivano i benefattori e che ciò mo<strong>di</strong>ficasse progressivamente la caratterizzazionesociale delle istituzioni femminili della <strong>Compagnia</strong>.Altri elementi messi in luce dall’analisi <strong>di</strong> Maritano confermano quest’ipotesi.Tra essi il fatto che i compiti domestici interni siano progressivamente17Sui patroni si veda ad esempio Ferrante, 1988.18Groppi, 1994.43

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