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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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4. Ingerenze regie e resistenzeA partire dagli anni Trenta del Settecento, l’uso delle istituzioni assistenzialicome aree <strong>di</strong> influenza da spartire fra i vari gruppi <strong>di</strong> potere attivi neltessuto urbano cominciò a incontrare un elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo nell’autoritàregia, che fino a quel momento aveva limitato le ingerenze <strong>di</strong>rette e mantenutoun ruolo <strong>di</strong> controllo esterno. Sin dall’inizio le istituzioni ri<strong>vol</strong>te alle donnericevettero le attenzioni <strong>di</strong> Carlo Emanuele III, che cominciò col porle sottola sua protezione. La prima ad essere toccata dal provve<strong>di</strong>mento fu la Provvidenza,nel 1735, mentre nel 1742 fu la <strong>vol</strong>ta del Soccorso e del Deposito 28 . Seil passaggio sotto la protezione regia non comportò gran<strong>di</strong> cambiamenti peril Soccorso, non si può <strong>di</strong>re la stessa cosa per il Deposito. Per quest’ultimo, ilprovve<strong>di</strong>mento coincise con un cambiamento <strong>di</strong> nome e con il lancio <strong>di</strong> unprogetto che avrebbe dovuto comportare la sua unione a una nuova opera,ri<strong>vol</strong>ta a donne cadute nel peccato e perseveranti in esso. A far maturare unatale idea aveva contribuito in realtà l’iniziativa <strong>di</strong> un privato, Riccardo Vegghen,<strong>di</strong> origine fiamminga e sarto al servizio del sovrano, che aveva offerto atale opera 1000 lire annue «con speranza dell’intera sua ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 70.000 liree più». Secondo le sue in<strong>di</strong>cazioni il lascito avrebbe dovuto essere utilizzatoper un’opera già esistente, in modo da evitare il proliferare <strong>di</strong> piccole operecon caratteri e ambiti d’azione analoghi. Carlo Emanuele III pose la <strong>Compagnia</strong><strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Paolo</strong> davanti alla scelta <strong>di</strong> accettare il lascito, unendolo ai fon<strong>di</strong>del Deposito, e <strong>di</strong> farsi carico degli obblighi imposti dal benefattore, oppure <strong>di</strong>rinunciare alla amministrazione dell’Opera del deposito e ai relativi fon<strong>di</strong> 29 .La <strong>Compagnia</strong> optò per la prima soluzione, che consentiva <strong>di</strong> continuare atrattare col sovrano ed eventualmente riuscire a <strong>di</strong>ssuaderlo dal piano. Ebbecosì inizio una strenua resistenza al progetto regio – un esempio della sordaopposizione al tentativo <strong>di</strong> stabilire un più solido controllo sulla sua attivitàche la <strong>Compagnia</strong> condusse su più fronti dagli anni Trenta del Settecento 30 .Il sovrano però, noncurante della rappresentanza della <strong>Compagnia</strong> <strong>vol</strong>taa <strong>di</strong>mostrare la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> eseguire il progetto28ASSP, I, Socc., 249, fasc. 8; Dep., 249, fasc. 4.29AST, Luoghi pii <strong>di</strong> qua dai monti, m. 18 d’add., fasc. 7, Relazione Beraudo <strong>di</strong> Pralormo17 ottobre 1744.30Merlotti, 2005, pp. 131-183.62

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