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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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<strong>di</strong>scussione un or<strong>di</strong>ne sociale che riconosceva loro esclusivamente un destino<strong>di</strong> moglie, madre, figlia e sorella, all’interno <strong>di</strong> un ambito famigliare governatoda uomini. La reclusione era quin<strong>di</strong> considerata la soluzione più adeguatanon solo per proteggere l’onore femminile, ma anche per riparare all’onoreperso, e in tal modo <strong>di</strong>fendere quello della famiglia.Per una donna non <strong>di</strong> umile con<strong>di</strong>zione inoltre, la <strong>di</strong>fesa dell’onore femminilerischiava <strong>di</strong> intrecciarsi con la <strong>di</strong>fesa del proprio status sociale, che potevaessere messo in pericolo anche dal rischio <strong>di</strong> contrarre matrimonio conuno sposo non adeguato al proprio status. Si trattava <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione allaquale era preferibile quella <strong>di</strong> “figlia nubile”, accolta a vita in qualche ritiro.La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> status avrebbe infatti condotto queste giovani nella schiera deipoveri vergognosi. Tali erano tutti coloro che non riuscivano a vivere secondole con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita richieste dal proprio status sociale, poiché la loro povertà“relativa” <strong>di</strong>veniva causa <strong>di</strong> vergogna per l’intero gruppo sociale a cui appartenevano.La tutela <strong>di</strong> questa categoria <strong>di</strong> bisognosi costituì uno dei principalistimoli all’azione della <strong>Compagnia</strong> <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Paolo</strong>, che sin dal 1595 <strong>di</strong>ede vitaall’Ufficio pio, organo che ebbe tra i suoi compiti anche quello <strong>di</strong> fornire lorogli aiuti necessari.2. Gli esor<strong>di</strong> dell’assistenza alle donneLa prima istituzione torinese specificamente ri<strong>vol</strong>ta alle donne fu il Monasterodelle povere orfanelle, la cui fondazione secondo Giorgio AntonioGola, autore nell’Ottocento <strong>di</strong> un saggio manoscritto sulla storia del monastero,risalirebbe alla metà del XVI secolo 7 . Nell’opera erano ammesse bambineorfane <strong>di</strong> entrambi i genitori, provenienti da famiglie del ceto me<strong>di</strong>o,prevalentemente <strong>di</strong> piccoli artigiani e mercanti. Per le fanciulle accolte, che almomento dell’ingresso avevano un’età compresa fra i 7 e i 10 anni, l’internamentosi rivelava spesso una sistemazione a vita. Solo la metà <strong>di</strong> esse infattitrovava una collocazione in matrimonio, mentre la restante metà, fatta salvauna minoranza che prendeva l’abito monacale, qualche raro caso <strong>di</strong> uscita ingiovane età, e qualche altro <strong>di</strong> uscita in età non più da matrimonio, restavaal suo interno 8 . Nonostante la denominazione <strong>di</strong> monastero, che acquisì nel1586, si trattava <strong>di</strong> un’opera pia nata e gestita da personale laico. Un ruolo <strong>di</strong>7AST, s.p., Monastero delle povere orfanelle <strong>di</strong> Torino, m. 23, fasc. 1, Saggio storico-analitico.8Maritano, 2000.57

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