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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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appresentava per l’onestà delle donne accolte, tanto da attribuire ad esso le<strong>di</strong>fficoltà a trovare una collocazione per le figlie. Ancora una <strong>vol</strong>ta venivanoriba<strong>di</strong>te le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> gestione nate dalla mescolanza <strong>di</strong> soggetti <strong>di</strong> indole<strong>di</strong>versa, e si citava in particolare il caso <strong>di</strong> una figlia che «sotto l’aria d’unospirito penitente, senza una somma vigilanza, contaminata avrebbe la casacon nefande massime contrarie al buon costume». Nello stesso documento, la<strong>Compagnia</strong> riconosceva che l’Opera delle convertite si era allontanata dallospirito originario, ma manifestava anche la convinzione che non poteva esserealtrimenti. I confratelli proponevano perciò <strong>di</strong> spostare le ricoverate delleForzate in una casa <strong>di</strong> correzione e <strong>di</strong> utilizzare invece l’opera per accoglieredonne che desiderassero trascorrere la loro vita al suo interno, analogamentea quanto accadeva già in altre città. In particolare, le Forzate avrebberopotuto servire «<strong>di</strong> ricovero e ajuto a tante povere persone, che tutto dì s’incontrano,e singolarmente <strong>di</strong> Vedove povere, e ben nate, e <strong>di</strong> tante donnemalmaritate, li <strong>di</strong> cui genitori si rendono tanto più sensibili quanto che mancail mezzo <strong>di</strong> aiutarle» 48 . È evidente che malgrado le ingerenze del sovrano la<strong>di</strong>fesa dello status continuava a rappresentare il motore <strong>di</strong> tutta l’attività assistenzialedella <strong>Compagnia</strong>.Alla fine degli anni Sessanta le resistenze della <strong>Compagnia</strong> finirono peravere un riscontro positivo. Nel 1768 infatti, essa ricevette l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nonaccogliere più donne senza or<strong>di</strong>ne del sovrano, salvo <strong>di</strong>etro pagamento <strong>di</strong>pensione. La motivazione era <strong>di</strong> poter risparmiare il denaro necessario persostenere la realizzazione <strong>di</strong> «una casa più vasta, più sana e più adatta all’uso<strong>di</strong> detta Opera». Anche il sovrano avrebbe contribuito alle spese e anch’egliconcordava che la nuova opera «dovesse servire per donne <strong>di</strong> nascita civile,che ne fossero bisognose, ed al caso regolarmente <strong>di</strong> pagare compettente penzione».Ma l’attuazione <strong>di</strong> tale progetto non avvenne nei termini tracciati dalsovrano. Nel 1776 nacque una nuova opera destinata ad accogliere una cinquantina<strong>di</strong> donne <strong>di</strong> cattiva reputazione, il Ritiro del Martinetto, ma a spesedella Città <strong>di</strong> Torino. L’e<strong>di</strong>ficio era cinto da mura che isolavano completamentedall’esterno, interrompendo ogni legame con la città. Al suo interno vi eranoun cortile e un giar<strong>di</strong>no, che consentivano alle recluse <strong>di</strong> stare all’aperto,in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> assoluta sorveglianza, e una cappella a uso esclusivo 49 . Alla<strong>Compagnia</strong> spettò solo l’onere <strong>di</strong> versare alla nuova opera un sussi<strong>di</strong>o annuo48ASSP, I, Dep., 249, fasc. 9; AST, Luoghi pii <strong>di</strong> qua dai monti, m. 20, fasc. 1, Relazionedell’origine e progresso dell’Opera delle Convertite della Città <strong>di</strong> Torino, con progetto perl’erezione <strong>di</strong> una nuova casa, 31 luglio 1758.49Cavallo, 1995, pp. 235-236.67

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