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arte e beni culturali negli insegnamenti di giovanni paolo ii

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Anche san Benedetto viveva in una società sconvolta da ingiustizie,<br />

nella quale la persona molto spesso era tenuta in nessun conto o stimata<br />

solo come una cosa; in quel contesto sociale strutturato in vari or<strong>di</strong>ni, i<br />

<strong>di</strong>seredati venivano emarginati e considerati <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione servile, i poveri<br />

sprofondavano in una miseria sempre maggiore, i possidenti si arricchivano<br />

sempre più. Quell’uomo egregio, invece, volle che la comunità monastica<br />

poggiasse sul fondamento dei precetti evangelici. Egli restituisce l’uomo alla<br />

sua integrità, da qualsiasi or<strong>di</strong>ne sociale provenga; provvede alle necessità<br />

<strong>di</strong> tutti secondo le norme <strong>di</strong> una sapiente giustizia <strong>di</strong>stributiva; ai singoli<br />

assegna uffici complementari e tra loro saggiamente coor<strong>di</strong>nati; ha cura<br />

delle infermità degli uni, senza indulgere in alcun modo alla pigrizia; dà<br />

spazio all’operosità degli altri, affinché non si sentano coartati, ma stimolati<br />

a esercitare le loro energie migliori. In tal modo egli elimina ogni pretesto<br />

anche per la pur leggera e talvolta giusta mormorazione, creando le con<strong>di</strong>zioni<br />

per la pace.<br />

L’uomo, nella visione <strong>di</strong> san Benedetto, non può essere considerato una<br />

macchina anonima da sfruttare, con l’unico intento <strong>di</strong> trarne i massimi<br />

profitti, affermando che l’operaio non merita alcuna considerazione morale<br />

e negandogli la giusta mercede. Si deve infatti ricordare che in quel tempo<br />

il lavoro era svolto or<strong>di</strong>nariamente da schiavi, ai quali non si riconosceva la<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> persone umane. Ma san Benedetto ritiene il lavoro, per qualsiasi<br />

motivo esercitato, p<strong>arte</strong> essenziale della vita, e obbliga a esso ciascun monaco<br />

per dovere <strong>di</strong> coscienza. Il lavoro, poi, dovrà essere sostenuto « per<br />

motivo <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza e <strong>di</strong> espiazione », 29 giacché il dolore e il sudore sono<br />

inseparabili da qualsiasi sforzo veramente efficace. Questa fatica, pertanto,<br />

ha forza redentrice in quanto purifica l’uomo dal peccato, e nobilita sia le<br />

realtà oggetto dell’operosità umana, sia lo stesso ambiente nel quale si<br />

svolge.<br />

San Benedetto, trascorrendo una vita terrena in cui lavoro e orazione<br />

sono convenientemente contemperati, e inserendo così felicemente il lavoro<br />

in una prospettiva soprannaturale della vita stessa, aiuta l’uomo a riconoscersi<br />

cooperatore <strong>di</strong> Dio e a <strong>di</strong>ventarlo veramente, mentre la sua personalità,<br />

esprimendosi in una operosità creatrice, viene promossa nella sua<br />

totalità. Così, l’azione umana <strong>di</strong>venta contemplativa e la contemplazione<br />

acquista una virtù <strong>di</strong>namica, che ha una sua importanza e illumina le<br />

finalità che si propone.<br />

Ciò non viene fatto soltanto per evitare l’ozio, che ottunde lo spirito,<br />

ma anche e soprattutto per rendere l’uomo persona cosciente dei suoi<br />

doveri e <strong>di</strong>ligente, capace <strong>di</strong> crescere e <strong>di</strong> perfezionarsi nel loro compimento:<br />

perché dal profondo del suo animo si rivelino energie forse ancora<br />

sopite, il cui esercizio possa contribuire al bene comune, « affinché in tutto<br />

sia glorificato Dio ». 30<br />

29 Pio XII, Fulgens ra<strong>di</strong>atur, in AAS 39 (1947) p. 154.<br />

30 1Pt4,11.<br />

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