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arte e beni culturali negli insegnamenti di giovanni paolo ii

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sione. Non voglio portarlo via dalla Polonia, preferisco lasciarlo qui, al<br />

Teatro Nazionale. Questo è, dunque: un enorme stupore. Risurrezione e<br />

stupore. Sarebbe <strong>di</strong>fficile non stupirsi. Io praticamente in tutta questa<br />

settimana, spostandomi da un luogo all’altro con un ritmo abbastanza<br />

veloce, faccio continuamente scoperte del genere, ma la più grande, la<br />

più improntata alla risurrezione, è stata quella <strong>di</strong> Koszalin. Del resto, in<br />

questa sala è presente il vescovo castrense dell’esercito polacco e lo può<br />

trasmettere ai propri <strong>di</strong>ocesani, lo può fare in termini più militari perché ha<br />

una certa preparazione in questa materia. Io, però, non ritiro quanto detto,<br />

specialmente dopo aver sentito ciò che ho sentito e dopo aver letto molte<br />

cose: che oggi, forse in un modo <strong>di</strong>verso da allora, e cioè quattro anni fa<br />

presso la chiesa <strong>di</strong> Santa Croce, ma forse ancora più intensamente, sentiamo<br />

il bisogno della risurrezione, l’imperativo della risurrezione, la risurrezione<br />

<strong>di</strong> Cristo tradotta da san Paolo in principio della vita cristiana, in<br />

principio della vita sacramentale. Basta vedere nella lettera ai Romani quel<br />

che san Paolo scrive sul battesimo, e non solo, ma soprattutto sul battesimo.<br />

La risurrezione è il principio della vita cristiana, della vita sacramentale: la<br />

risurrezione <strong>di</strong> Cristo innestata in noi. Mentre la stessa risurrezione è stata<br />

tradotta da Norwid in esigenza <strong>di</strong> vita nazionale, <strong>di</strong>rei ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> vita<br />

socio-economica. Come essere una nazione risorta, cioè una nazione che<br />

vive la pienezza della vita.<br />

Io mi sto <strong>di</strong>lungando, ma in pratica voglio <strong>di</strong>re un’ultima parola: voglio<br />

<strong>di</strong>re che proprio questa risurrezione, tradotta da Norwid in un’esigenza <strong>di</strong><br />

vita nazionale, auguro a te, Polonia, patria mia!<br />

Vorrei aggiungere che depongo questo augurio nelle vostre mani, cari<br />

signori, nelle vostre mani. Nelle mani <strong>di</strong> tutta la nazione, ma soprattutto<br />

nelle mani vostre, mani <strong>di</strong> tutti coloro che sono qui presenti e che sono, in<br />

un certo senso, la coscienza più profonda <strong>di</strong> questa nazione, il suo intelletto,<br />

la sua prospettiva creativa, e nelle mani <strong>di</strong> voi, che amate questa nazione.<br />

La amate. Ne avete dato la prova, e io mi sono sempre schierato con voi in<br />

questa causa. Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per questa causa e<br />

confido che la vostra opera abbia un futuro. E che abbiano un futuro anche<br />

la nostra patria e la nostra società; un futuro europeo. In pratica si sono già<br />

iscritte nella storia del XX secolo con tutto quello che è successo. Non<br />

per<strong>di</strong>amolo <strong>di</strong> vista. La gente ci riflette, la gente lo domanda. Vengo da un<br />

punto del mondo, da un luogo in cui me ne posso convincere. E allora: in<br />

alto i cuori!<br />

Insegnamenti, XIV/1 (1991) pp. 1607-1615<br />

Testo originale in lingua polacca<br />

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