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arte e beni culturali negli insegnamenti di giovanni paolo ii

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ienza umana e permette <strong>di</strong> conoscerla a fondo. Ne deriva la possibilità, per<br />

la stessa ragione umana, della determinazione <strong>di</strong> criteri e <strong>di</strong> principî, che<br />

ispirano valutazioni e orientamenti, per essa altrimenti impervi. Anche chi<br />

non ha fede dovrebbe almeno riconoscere che il contributo della cultura<br />

cattolica alla comprensione dell’uomo arricchisce la ricerca e la conoscenza<br />

comune.<br />

La fede non mortifica la ragione e non esclude affatto ciò che dalla<br />

ragione viene conquistato. Ma la cultura che la fede genera, quando è<br />

sinceramente vissuta, non è soltanto ragione. Nasce dalla vita cristiana, e<br />

della vita cristiana porta il sigillo. Diventa mentalità; esige coerenza; riconosce<br />

il primato della contemplazione; si <strong>di</strong>lata nella carità; si fa attenta con<br />

speciale inclinazione a ogni uomo e da tutto l’uomo. Là dove la causa<br />

dell’uomo esige un impegno particolare perché ciò che l’uomo produce<br />

non si ritorca contro <strong>di</strong> lui, il compito <strong>di</strong> una cultura cattolica è fondamentale<br />

per motivi non soltanto religiosi, ma anche civili e sociali.<br />

[...]<br />

148<br />

AAS 74 (1982) pp. 402-409; Insegnamenti, V/1 (1982) pp. 99-107<br />

Lettera al car<strong>di</strong>nale Antonio Samorè,<br />

bibliotecario e archivista <strong>di</strong> santa romana Chiesa,<br />

per la chiusura delle celebrazioni per il primo centenario<br />

dell’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano<br />

(Città del Vaticano, 29 gennaio 1982)<br />

Al venerato fratello car<strong>di</strong>nale Antonio Samorè, bibliotecario e archivista <strong>di</strong><br />

santa romana Chiesa.<br />

1. Si concludono in questi giorni le solenni celebrazioni per il centenario<br />

dell’apertura dell’Archivio Segreto Vaticano alla consultazione degli<br />

stu<strong>di</strong>osi, che – come è noto – fu decisa dal mio predecessore Leone XIII<br />

nel 1880 e messa in atto nel 1881. In questa significativa circostanza<br />

desidero, anzitutto, esprimere a lei e ai suoi valenti collaboratori sincero<br />

e vivo compiacimento per le degne manifestazioni <strong>di</strong> tale centenario, alle<br />

quali ho preso p<strong>arte</strong> il 18 ottobre 1980, in occasione dell’inaugurazione dei<br />

nuovi locali <strong>di</strong> deposito, e il 4 aprile dello scorso anno, per ammirare<br />

l’interessante mostra documentaria.<br />

Alla chiusura <strong>di</strong> tali celebrazioni non posso non riba<strong>di</strong>re quanto sia<br />

stato lungimirante il gesto – allora reputato ar<strong>di</strong>to – <strong>di</strong> Leone XIII, e altresì<br />

quanto esso sia stato benefico nei suoi effetti: si pensi all’enorme messe <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong> raccolta in questi ultimi cento anni <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> ricerca da p<strong>arte</strong> <strong>di</strong><br />

specialisti <strong>di</strong> tutto il mondo; alla testimonianza e al servizio reso alla verità,<br />

alla storia, alla cultura. Veramente emblematica e incisiva fu l’affermazione<br />

<strong>di</strong> papa Leone, contenuta nella epistola Saepenumero considerantes del 18 agosto<br />

1883: « Primam esse historiae legem ne quid falsi <strong>di</strong>cere audeat: deinde ne quid veri

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