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Paál, László Paalen, Wolfgang Storia dell'arte Einaudi - Artleo.it

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per la successiva stesura p<strong>it</strong>torica possono contenere annotazioni<br />

sui colori da impegnare in quest’ultima: la tecnica<br />

adottata è spesso la mat<strong>it</strong>a colorata, matericamente<br />

simile al p, ma la cui origine può esser sia naturale che artificiale.<br />

Strutturalmente piú dura a causa della presenza<br />

di agglutinanti piú forti (come la cera), consente a volte di<br />

ottenere effetti piú precisi nel dettaglio.<br />

Leonardo da Vinci, in una nota del Codice Atlantico, scrive<br />

di aver appreso la tecnica del p dal p<strong>it</strong>tore francese<br />

Jean Perréal durante la sua permanenza a Milano nel<br />

1499. Michelangelo usava il carboncino nero o la mat<strong>it</strong>a,<br />

Fra Bartolomeo il gesso bianco (detto, già con Vasari, «da<br />

sarto»), ma può dirsi che per tutto il Cinquecento l’uso<br />

del p rimane un’attiv<strong>it</strong>à prevalentemente nordica. P<strong>it</strong>tori<br />

come Hans Holbein o Hendrick Goltzius impiegano per i<br />

loro disegni preparatori tre o quattro tonal<strong>it</strong>à cromatiche<br />

di p, come si può giudicare dal R<strong>it</strong>ratto di dama di Holbein<br />

(Basilea, Öffentliche Kunstsammlung) o dal Giambologna<br />

di Goltzius (Haarlem, Teylers Museum). Uno dei<br />

campi di applicazione maggiore di questa tecnica, soprattutto<br />

in area francese, ed ancor piú parigina, fu, già alla<br />

prima metà del Cinquecento, il r<strong>it</strong>ratto, nella tipologia e<br />

nelle pose (prevalentemente a mezzo busto) sviluppatesi<br />

nell’ultimo quarto del secolo precedente. Il p<strong>it</strong>tore fiammingo<br />

Jean Clouet ne fu insieme il maggiore esponente e<br />

l’innovatore: proponendo il r<strong>it</strong>ratto disegnato a pastello<br />

su carta come vera e propria opera d’arte fin<strong>it</strong>a e in sé<br />

conclusa, dette v<strong>it</strong>a a una «moda» che perdurò per i secoli<br />

successivi, divenendo un genere a sé stante, richiestissimo<br />

e apprezzato. Questi disegni potevano impiegare il p<br />

soltanto con un ruolo di contorno e contrasto, ma nella<br />

maggior parte dei casi i toni morbidi e la piacevolezza dei<br />

suoi colori, apprezzati dalla clientela sempre piú vasta che<br />

li richiedeva, spinsero gli artisti francesi a un uso costante<br />

del p per i r<strong>it</strong>ratti, unendo così il vantaggio di una tecnica<br />

veloce a una fruizione estetica di sicuro effetto. In Italia<br />

invece, rimarranno diffuse le tecniche consolidate da una<br />

lunga tradizione, come la mat<strong>it</strong>a rossa (detta successivamente<br />

anche sanguigna), carbone e gesso bianco, lasciando<br />

la p<strong>it</strong>tura a p ancora alla fase embrionale di semplice<br />

comprimarietà. Soltanto tra fine Cinque e primi del Seicento<br />

appaiono con una certa frequenza disegni in cui<br />

l’uso del p diventa predominante per evidenziare e trattare<br />

il modellato delle figure: artisti come Barocci, i Carrac-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte <strong>Einaudi</strong>

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