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Paál, László Paalen, Wolfgang Storia dell'arte Einaudi - Artleo.it

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della concezione disegnativa düreriana, ma semmai leonardesca,<br />

come implica anche l’attribuzione del pensiero<br />

al fiorentino Fabio. E pienamente leonardesca è anche la<br />

definizione che questi dà della p<strong>it</strong>tura come poesia e arte<br />

liberale in grado di riprodurre tutto il visibile o, piú<br />

avanti, la motivazione della preferenza accordata alla p<strong>it</strong>tura<br />

nell’amb<strong>it</strong>o del (varchiano) paragone tra p<strong>it</strong>tura e<br />

scultura. Cosí in P il venetismo classicheggiante un po’<br />

attardato, appoggiato ad esemplificazioni giorgionesche,<br />

è, in sottile ed esile polemica con le scelte fiorentine contemporanee<br />

di Varchi, Doni e Vasari, fondato su un’allusiva<br />

riproposizione aggiornata di riflessioni leonardesche,<br />

lombarde piú che venete, ma, ciononostante, ancora, in<br />

ultima analisi, fiorentine. La riprova è nella sua definizione,<br />

antialbertiana, del disegno come formato di giudizio,<br />

circoscrizione, pratica e composizione. Nonostante la<br />

somiglianzà terminologica, la circoscrizione di P ha un<br />

valore di schizzo p<strong>it</strong>torico e chiaroscurale che rientra<br />

nella prassi veneta e lombarda (e perfino, a tratti leonardesca<br />

o, secondo Bologna, pre e paracaravaggesca) piú<br />

che nel concetto lineare albertiano. Il superamento<br />

dell’orizzonte quattrocentesco è confermato dalla<br />

svalutazione della diligenza e degli ausili tecnici connessi<br />

come la griglia o il poggiamano, ma è bilanciato dalla diffidenza<br />

nei confronti degli es<strong>it</strong>i di una «prestezza» naturale<br />

e di un «impiastrar di pratica» alla Schiavone (dietro<br />

cui, forse, si profila Tintoretto), nonché dalla preferenza<br />

per la p<strong>it</strong>tura a olio rispetto a quella ad affresco (col rifiuto<br />

assoluto della sperimentazione tecnica dell’olio su<br />

muro ovviamente consapevole dei fallimenti leonardeschi).<br />

La celebre proposizione proto-eclettica della perfezione<br />

p<strong>it</strong>torica espressa in un p<strong>it</strong>tore ideale («dio della<br />

p<strong>it</strong>tura») che assommi il disegno michelangiolesco al color<strong>it</strong>o<br />

di Tiziano dimostra un’equanim<strong>it</strong>à e un’aspirazione<br />

alla misura che non è pregiudizialmente anti-fiorentina,<br />

anche se l’ironico elogio (di fatto una censura) degli<br />

affreschi di Sante Zago, c<strong>it</strong>ati per le loro vuote e cervellotiche<br />

invenzioni di sapore antiquario e letterario, sembra<br />

implicare un obliquo attacco, forse a Polidoro e a taluni<br />

es<strong>it</strong>i del raffaellismo, certo a Francesco Salviati, attivo<br />

a Venezia. La difesa appassionata del dir<strong>it</strong>to del p<strong>it</strong>tore<br />

a firmare i propri quadri, corrispondente alla prassi accertata<br />

del P p<strong>it</strong>tore, riflette ancora l’orgoglio intellettuale<br />

umanistico che le posteriori prescrizioni controriforma-<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte <strong>Einaudi</strong>

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