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Paál, László Paalen, Wolfgang Storia dell'arte Einaudi - Artleo.it

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di Giotto, ma «suprema espressione del moderno». Il processo<br />

di attualizzazione dell’arte dei p prosegue nel dopoguerra,<br />

seppure in chiave di moderata sperimentazione e<br />

di «r<strong>it</strong>orno all’ordine». Carrà, prima all’interno della poetica<br />

metafisica, poi di «Valori Plastici», inneggia alla solid<strong>it</strong>à<br />

e ideal<strong>it</strong>à del mondo giottesco. In particolare sono gli<br />

artisti del Novecento a riportare in auge, sotto l’ala protettrice<br />

di Margher<strong>it</strong>a Sarfatti e di Mussolini, questa sorta<br />

di arcaismo p<strong>it</strong>torico, coltivato accanto alla c<strong>it</strong>azione rinascimentale<br />

e classica – nella sua romana accezione – che<br />

richiude l’Italia in un’autarchia artistica e darà v<strong>it</strong>a<br />

all’arte di regime. L’arcaismo è ricercato attraverso lo<br />

stile, l’iconografia, ma anche attraverso il r<strong>it</strong>orno al mestiere,<br />

al corporativismo, alla tecnica, a una vocazione sociale<br />

dell’opera (ed ecco l’importanza dell’affresco e delle<br />

opere pubbliche), non lontana dalla v<strong>it</strong>a stessa. Anche in<br />

Germania s’impone un’estetica molto simile e non a caso<br />

Massimo Bontempelli difende il quattrocentismo del<br />

gruppo, ricollegandosi al realismo magico teorizzato in<br />

area tedesca. Contrario a ogni tentativo di soffocamento<br />

provinciale dell’arte è invece Lionello Venturi, il quale,<br />

pur riproponendo a modello i p, li presenta, all’opposto,<br />

come esemplari dell’autonomia creativa dell’artista,<br />

romanticamente inteso come colui che opera per «rivelazione».<br />

Con il termine Venturi indicava l’«aspetto necessario<br />

e quindi eterno dell’arte», manifestazione di una<br />

personal<strong>it</strong>à libera da canoni prefissati e indifferente a<br />

qualsiasi programma classicista o realista. Dunque, con il<br />

concetto di prim<strong>it</strong>ivo, che qui assume l’imprevedibile portata<br />

di un credo estetico e morale, Venturi non intendeva<br />

rilanciare una forma rivis<strong>it</strong>ata del preraffaellismo – e ciò<br />

fu allora incompreso –, ma sciogliere l’arte <strong>it</strong>aliana dai<br />

lacci della tradizione, ricominciando da Cézanne, dagli<br />

impressionisti e dai macchiaioli. L’esterofilia non fu grad<strong>it</strong>a;<br />

altre pesanti cr<strong>it</strong>iche si sollevarono a propos<strong>it</strong>o<br />

dell’astoric<strong>it</strong>à del Gusto dei prim<strong>it</strong>ivi (E. Cecchi) e<br />

soprattutto circa gli equivoci che poteva generare la concezione<br />

mistica ivi sostenuta (B. Croce). A Torino, dove<br />

il Venturi insegnava, era chiara la lezione inclusa in tali<br />

affermazioni: fu in questa c<strong>it</strong>tà che esordì, inneggiando a<br />

Manet, il gruppo dei «Sei p<strong>it</strong>tori», cosí come qui si andava<br />

formando la prestigiosa collezione di Riccardo Gualino,<br />

specchio delle predilezioni venturiane illustrate nel<br />

testo del 1926.<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte <strong>Einaudi</strong>

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