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Paál, László Paalen, Wolfgang Storia dell'arte Einaudi - Artleo.it

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paleocristiana, p<strong>it</strong>tura<br />

Le testimonianze tuttora superst<strong>it</strong>i dell’arte cristiana delle<br />

origini, di quella almeno del ii e del iii secolo, sono soprattutto<br />

p<strong>it</strong>toriche. Durante i due primi secoli della sua<br />

storia il cristianesimo non si era curato delle immagini. E<br />

se le prime rappresentazioni figurative compaiono forse<br />

sin dalla fine del sec. ii e certamente all’inizio del sec. iii<br />

ciò accade piú per venire incontro alle esigenze della pietà<br />

popolare che per rispondere a un imperativo della nuova<br />

spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à.<br />

Cosí la p<strong>it</strong>tura p è, nelle sue prime creazioni, un’arte popolare<br />

che si avvale molto ampiamente del linguaggio iconografico<br />

e formale contemporaneo; le immagini cristiane<br />

sono solo espressioni particolari di un’arte la cui estetica<br />

trionfa negli ultimi secoli di Roma. Alla fine del sec. ii,<br />

reagendo al classicismo dell’epoca antonina, si sviluppa<br />

un’espressiv<strong>it</strong>à «popolare» attestata dall’opera di p<strong>it</strong>tori<br />

ad Ostia, di mosaicisti in Africa (Zl<strong>it</strong>en) e, nell’amb<strong>it</strong>o<br />

plastico, dai rilievi della colonna di Marco Aurelio a<br />

Roma. Gli artisti s’impegnano sempre meno nel rendere<br />

le forme e i volumi del corpo umano, cercando invece di<br />

esprimere una realtà interiore. L’arte cristiana è popolare,<br />

e ciò anche in quanto non cost<strong>it</strong>uisce ancora un’arte ufficiale<br />

della Chiesa. L’ostil<strong>it</strong>à per le immagini, ered<strong>it</strong>ata<br />

dalla tradizione ebraica, non è totalmente scomparsa: il<br />

concilio di Elvira, nei primi anni del sec. iv, vieta ancora<br />

le rappresentazioni divine negli edifici di culto. Tale<br />

diffidenza non significa peraltro rifiuto o indifferenza:<br />

cosí, all’inizio del sec. iii, Clemente d’Alessandria, nel Pedagogo,<br />

spiega ai fedeli quali simboli debbano essere incisi<br />

sui loro anelli (colomba, pescatore, ancora, ecc.). La spontane<strong>it</strong>à<br />

popolare non è stata dunque soffocata da un programma<br />

ufficiale, ma si ev<strong>it</strong>a il libero pullulare di iniziative<br />

incontrollate. Si comprende così come si sia cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />

molto rapidamente una koinè, una comun<strong>it</strong>à dal linguaggio<br />

cristiano, e che attraverso tutte le province romane il<br />

repertorio delle immagini abbia presentato un’un<strong>it</strong>à piuttosto<br />

considerevole.<br />

L’iconografia nei due primi secoli Nella cost<strong>it</strong>uzione del<br />

repertorio d’immagini cui attingono i p<strong>it</strong>tori del sec. iii<br />

sono stati spesso sottolineati i prest<strong>it</strong>i dal linguaggio iconografico<br />

del mondo romano. I cristiani trovavano in<br />

primo luogo, nelle composizioni contemporanee, simboli<br />

che potevano utilizzare direttamente in chiave cristologica<br />

<strong>Storia</strong> dell’arte <strong>Einaudi</strong>

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