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san carlo parte iniziale volume 5 valletrompia.qxd - Brixia Sacra

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INTRODUZIONE<br />

ignota, una somma di lire 1.500 come contributo spese per la collegiazione<br />

(4 aprile 1603) 48 . L’intenzione del consiglio comunale vien così espressa: erigere<br />

l’arcipretura «in prepositura o in abacìa, quando non vi entri maggior<br />

spesa della prepositura con auttorità di portar il bastone pastorale, la mitra<br />

et altre cose che si ricercano a tal dignità» 49 . La supplica fu inoltrata a Venezia<br />

e a Roma tramite deputati appositamente eletti 50 . A Venezia ebbe buon<br />

esito; anche Roma, dove ricorse il consigliere Lelio Ambrosini, incaricato<br />

dell’affare il 10 agosto 1603 51 , diede il suo assenso: la congregazione dei riti<br />

aggiunse però, al parere favorevole, la condizione dell’approvazione del<br />

vescovo di Brescia («se ne contenta mons. illustrissimo et reverendissimo<br />

vescovo nostro patrone et pastore») 52 . Per ottenere l’assenso, il 21 marzo<br />

1604, furono nominati tre rappresentanti, con l’incarico di recarsi dall’ordinario,<br />

presentando anche le lettere del card. Aldobrandini e dell’ambasciatore<br />

veneto a Roma 53 . Il vescovo Marino Zorzi si mostrò contrario; il comune,<br />

allora, richiamò l’Ambrosini da Roma (21 maggio 1604) 54 , considerando<br />

48<br />

Ibidem, p. 117, n. 168.<br />

49<br />

AARS, n. 168, c. 23.<br />

50<br />

Il comune, nella supplica, presenta prima di tutto la parrocchia: Salò è dotata di una<br />

grande chiesa parrocchiale, con altre cappelle sottoposte, ha cinque monasteri, ha un governo<br />

criminale e civile; la chiesa parrocchiale, nella visita del card. Borromeo, è stata dichiarata<br />

degna di essere collegiata e i cittadini sono stati esortati a impetrare tale titolo presso le autorità<br />

competenti; l’arciprete ha un curato e dei cappellani, obbligati a coadiuvare la cura e altre<br />

cappellanie semplici, di cui alcune di giuspatronato del comune. Questo chiede l’erezione in<br />

collegiata e anche che l’arciprete abbia il titolo di abate, con potere di portar la mitra e il<br />

bastone pastorale non solo nella sua chiesa, ma anche in quelle delle terre a lui sottoposte e<br />

abbia le seguenti facoltà: benedire e concedere indulgenze al popolo, nelle sopraddette chiese,<br />

nelle processioni, messe, vespri e altri divini uffici; benedire paramenti, calici e altri oggetti<br />

sacri; riconsacrare chiese profanate; esercitare queste facoltà in altre chiese della diocesi,<br />

con licenza del vescovo; vestire il rocchetto, mozzetta, guanti di color paonazzo. All’abate<br />

vengono provvisti nove canonici, anche dieci, all’occorrenza, secondo il deliberato della congregazione<br />

dei riti. Uno è decano, quello della cappella di S. Stefano, uno arcidiacono, quello<br />

di S. Antonio; gli altri canonici sono: i cappellani degli altari di S. Giorgio, S. Michele, S.<br />

Rosario, S. Nome di Gesù, Santa Caterina, Sante Reliquie, S. Trinità. Il decimo cappellano,<br />

all’occorrenza, sarà il curato dell’arciprete. Devono però rimanere confermati i diritti di giuspatronato<br />

del comune sulle cappellanie interessate (AARS, n. 168, cc. 34-34v).<br />

51<br />

Comune di Salò. Archivio, p. 132, n. 190.2.<br />

52<br />

AARS, n. 168, c. 24.<br />

53<br />

Ibidem.<br />

LXXXIII

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