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30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia

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DISCuSSIONE<br />

Il coinvolgimento dell’anca nella spon<strong>di</strong>lite anchilosante rappresenta<br />

una con<strong>di</strong>zione frequente che accentua notevolmente la<br />

limitazione funzionale <strong>di</strong> questi pazienti. Risulta quin<strong>di</strong> importante<br />

eseguire una <strong>di</strong>agnosi precoce della malattia per impostare un<br />

terapia me<strong>di</strong>ca e riabilitativa efficace per rallentare la sua evoluzione.<br />

Stu<strong>di</strong> randomizzati-controllati hanno evidenziato una reale<br />

efficacia dei farmaci biologici anti-TNF nel ridurre l’attività e la<br />

progressione dei danni articolari a livello del rachide e dell’anca 15 .<br />

L’impianto <strong>di</strong> un’artroprotesi <strong>di</strong> anca rappresenta spesso l’unica<br />

soluzione nei casi con grave <strong>di</strong>struzione articolare per migliorare<br />

l’autonomia funzionale. La giovane età <strong>di</strong> questi pazienti e la<br />

progressione della S.A pone delle problematiche legate a quando<br />

eseguire l’intervento ed alla sopravvivenza degli impianti. Sweeney<br />

et al. 16 in uno stu<strong>di</strong>o retrospettivo su 340 artroprotesi cementate e<br />

non cementate in pazienti con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 40 hanno riscontrato<br />

una percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza del 90% a 10 anni, del 79% a 15<br />

anni e del 65% a 20 anni. Bhan et al. 17 riportano i risultati delle<br />

artroprotesi non cementate ad un follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 8,5 anni in 92<br />

anche affette da anchilosi ossea secondaria a S.A. con età me<strong>di</strong>a dei<br />

pazienti <strong>di</strong> 25,5 anni. Gli autori evidenziano le maggiori <strong>di</strong>fficoltà<br />

tecniche nella tecnica chirurgica <strong>di</strong> impianto in questi pazienti che<br />

presentano un’assenza dell’escursione articolare ed una deformità<br />

dei capi articolari. L’iperestensione della pelvi e l’alterazione della<br />

morfologia dell’acetabolo comporta un posizionamento della componente<br />

acetabolare più verticale ed antiversa (11%) che aumenta il<br />

rischio <strong>di</strong> lussazione anteriore (4,3%). La deformità in extrarotazione<br />

del femore rende <strong>di</strong>fficile definire l’esatto livello <strong>di</strong> osteotomia<br />

del collo ed un corretto posizionamento dello stelo femorale con<br />

maggiore incidenza <strong>di</strong> fratture intraoperatorie (3,2%) e mobilizzazione<br />

a <strong>di</strong>stanza dell’impianto (12%). Nel complesso la percentuale<br />

<strong>di</strong> revisione è stata del 14% con un sopravvivenza del 85,8% a 8,5<br />

anni. I risultati ra<strong>di</strong>ografici del nostro stu<strong>di</strong>o hanno evidenziato ad<br />

un follow-up massimo <strong>di</strong> 9 anni una stabilità ossea nel 96% delle<br />

componenti protesiche non cementate con rivestimento in idrossiapatite.<br />

L’effetto osteoconduttivo dell’idrossiapatite può favorire<br />

la fissazione secondaria delle protesi nei pazienti affetti da S.A.<br />

che spesso presentano un’osteoporosi da non uso ed un alterato<br />

metabolismo osseo per la terapia farmacologia eseguita. Per quanto<br />

riguarda il recupero dell’escursione articolare e dell’autonomia funzionale<br />

i risultati clinici riportati nelle varie casistiche <strong>di</strong>mostrano<br />

che i pazienti affetti da S.A. dopo l’intervento <strong>di</strong> artroprotesi hanno<br />

un netto incremento della mobilità dell’anca ma presentano ancora<br />

delle limitazioni funzionali correlate alla spon<strong>di</strong>lite e/o alla coxite<br />

contro laterale 18-20 . L’analisi dei dati raccolti nel nostro stu<strong>di</strong>o<br />

retrospettivo in 20 pazienti operati <strong>di</strong> artroprotesi non cementate<br />

ha evidenziato che l’età <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> malattia era stata inferiore ai<br />

30 anni e l’età me<strong>di</strong>a al momento dell’intervento era 44,5 anni con<br />

una durata <strong>di</strong> malattia prima dell’intervento <strong>di</strong> 14,5 anni. Il quadro<br />

ra<strong>di</strong>ografico preoperatorio era prevalentemente un’artrosi concentrica<br />

con scomparsa della rima articolare, deformità della testa<br />

ed estesi osteofiti (sta<strong>di</strong>o IV BASR hip). I risultati clinici ad un<br />

follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 4,7 anni evidenziano una netta riduzione della<br />

sintomatologia algica ed un significativo incremento dell’escursione<br />

articolare e della funzionalità. Il punteggio me<strong>di</strong>o complessivo<br />

a. Capone, et al.<br />

H.H.S. è stato punti con 10 pazienti giu<strong>di</strong>cati ottimi, 7 buoni e 3<br />

<strong>di</strong>screti. Al follow-up 13 pazienti (65%) continuavano a svolgere<br />

un’attività lavorativa. Per quanto riguarda il recupero dell’escursione<br />

articolare questa risulta correlata al <strong>di</strong>ametro delle testa protesica<br />

in quanto nei pazienti operati con teste <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 36 mm abbiamo<br />

riscontrato un maggiore arco <strong>di</strong> movimento dell’anca rispetto<br />

a quelli con testa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 28 mm. L’importanza del <strong>di</strong>ametro<br />

della testa nel recupero dell’escursione articolare è confermato dai<br />

risultati riportati da Li e collaboratori 21 che evidenziano un incremento<br />

complessivo dell’escursione articolare dell’anca <strong>di</strong> 147° nei<br />

pazienti operati con protesi <strong>di</strong> rivestimento (<strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o della<br />

testa 49,2 mm) rispetto a 113° nei pazienti operati con artroprotesi<br />

tra<strong>di</strong>zionale (<strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o testa 30,4). Un’altra problematica<br />

riportata nei pazienti affetti da S.A. ed operati <strong>di</strong> artroprotesi è<br />

l’incidenza delle ossificazioni eterotopiche che nelle varie casistiche<br />

risulta compresa tra 10 e 70% 18 20 22 . In realtà se valutiamo<br />

solo le ossificazioni <strong>di</strong> classe III e IV che possono comportare una<br />

limitazione funzionale l’incidenza è compresa tra 11 e 21% che non<br />

risulta superiore a quella riportate in altre patologie 10 17 23 . Nella<br />

nostra casistica abbiamo riscontrato la presenza <strong>di</strong> ossificazioni<br />

eterotopiche nel 18% (classe I o II) senza aver eseguito una profilassi<br />

specifica.<br />

CONCLuSIONI<br />

Nella coxopatia secondaria alla spon<strong>di</strong>lite anchilosante l’intervento<br />

<strong>di</strong> artroprotesi <strong>di</strong> anca è un trattamento efficace nel recupero della<br />

funzionalità articolare e dell’autonomia funzionale che però deve<br />

essere eseguito tempestivamente prima che si realizzi l’anchilosi.<br />

Considerato la giovane età <strong>di</strong> questi pazienti risulta opportuno<br />

utilizzare componenti protesiche non cementate, teste <strong>di</strong> grande<br />

<strong>di</strong>ametro per migliorare l’escursione e la stabilità articolare ed<br />

accoppiamenti articolari con ridotta usura per aumentare la sopravvivenza<br />

degli impianti. Non risulta giustificata una prevenzione<br />

delle ossificazioni eterotopiche in tutti pazienti ma solo in quelli<br />

che, oltre alla spon<strong>di</strong>lite anchilosante, presentano altri fattori <strong>di</strong><br />

rischio quali anchilosi ossea o presenza <strong>di</strong> precedenti ossificazioni<br />

nell’anca controlaterale o in altre articolazioni.<br />

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S95

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