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30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia

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il rachide dorsale e lombare, il femore prossimale e la caviglia.<br />

Queste se<strong>di</strong>, essendo composte prevalentemente da osso spongioso,<br />

sono particolarmente coinvolte, sia in termini qualitativi che biomeccanici,<br />

nella patologia osteoporotica. Gli squilibri meccanici<br />

rappresentano, se associati ad una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fragilità ossea,<br />

un importante fattore <strong>di</strong> rischio per frattura. Le proprietà meccaniche<br />

dell’osso <strong>di</strong>pendono dalla resistenza e dalla composizione<br />

del tessuto, dalla sua eterogeneità strutturale e dall’entità e natura<br />

dei microdanni. La resistenza del tessuto osseo consiste nella sua<br />

capacità <strong>di</strong> resistere alla deformazione (rigi<strong>di</strong>tà), <strong>di</strong> adattarsi a<br />

carichi ripetitivi (resistenza alla fatica) e <strong>di</strong> inibire la progressione<br />

<strong>di</strong> una lesione (resistenza alla frattura). Un’alterazione <strong>di</strong> queste<br />

proprietà determina riduzione della resistenza del tessuto osseo<br />

e compromissione della qualità dell’osso. L’osso perde il 13,5%<br />

della resistenza meccanica ogni decade a partire dai 30 anni <strong>di</strong> età<br />

(periodo della vita nel quale si raggiunge il picco <strong>di</strong> massa ossea<br />

e quin<strong>di</strong> presumibilmente il picco <strong>di</strong> resistenza), per arrivare ad<br />

una per<strong>di</strong>ta complessiva <strong>di</strong> oltre il 60% ad 80 anni. In con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> osteoporosi, l’eterogeneità strutturale dell’osso si traduce in un<br />

aumento dell’anisotropia (maggior numero <strong>di</strong> trabecole orientate<br />

secondo l’asse <strong>di</strong> carico principale, rispetto a quelle perpen<strong>di</strong>colari)<br />

e quin<strong>di</strong> del rischio <strong>di</strong> frattura in risposta a carichi non fisiologici,<br />

come quelli comportati da cadute. Nelle immagini ra<strong>di</strong>ografiche<br />

delle vertebre, a livello dell’osso trabecolare questo fenomeno si<br />

traduce nella classica immagine “a pettine”, in cui si osserva una<br />

riduzione degli elementi trasversali, mentre quelli longitu<strong>di</strong>nali<br />

appaiono conservati seppure <strong>di</strong>radati. Definire la resistenza dell’osso<br />

è un elemento essenziale per il chirurgo ortope<strong>di</strong>co. Egli affronta<br />

quoti<strong>di</strong>anamente delle situazioni patologiche che richiedono, per<br />

il loro trattamento, una conoscenza quanto più possibile accurata<br />

delle caratteristiche biomeccaniche del tessuto. Se l’aspetto quantitativo<br />

è stato ben stu<strong>di</strong>ato nel corso degli anni, solo in tempi<br />

molto recenti sono apparsi lavori scientifici sull’aspetto qualitativo,<br />

quale determinante della resistenza dell’osso e quin<strong>di</strong> della sua<br />

suscettibilità alle fratture. In particolare gli aspetti macro e microarchitetturali<br />

dei segmenti ossei (sia a struttura trabecolare che<br />

compatta) sono stati indagati con accuratezza sempre maggiore,<br />

grazie alle possibilità offerte da tecniche <strong>di</strong> micro-imaging. Lo stu<strong>di</strong>o<br />

OFELY ha documentato come la microarchitettura valutata a<br />

livello del ra<strong>di</strong>o <strong>di</strong>stale me<strong>di</strong>ante HR-pQCT, in un gruppo <strong>di</strong> donne<br />

in menopausa, sia in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminare tra fratture da fragilità<br />

e fratture verificatesi in un osso normale, in<strong>di</strong>pendentemente dai<br />

valori <strong>di</strong> BMD 2 . In questo campo la micro-TC e la micro-RM rappresentano<br />

le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostica più avanzate consentendo<br />

<strong>di</strong> valutare parametri istomorfometrici (volume trabecolare, spazio<br />

intertrabecolare, spessore delle singole trabecole). In un recente<br />

stu<strong>di</strong>o Krug ha <strong>di</strong>mostrato come, me<strong>di</strong>ante scansioni in micro-TC,<br />

si possano rilevare <strong>di</strong>fferenze strutturali nell’osso trabecolare tra<br />

pazienti con fratture da fragilità e pazienti non fratturati, anche con<br />

valori <strong>di</strong> BMD simili 3 . I limiti <strong>di</strong> tali meto<strong>di</strong>che sono rappresentati<br />

dall’elevata esposizione a ra<strong>di</strong>azioni ionizzanti, dall’elevato costo<br />

dei macchinari e dalla possibilità <strong>di</strong> indagare solo siti scheletrici<br />

periferici 4 . Le tecniche <strong>di</strong> micro-imaging hanno permesso <strong>di</strong> evidenziare<br />

la presenza <strong>di</strong> microlesioni (micro-crack) all’interno della<br />

componente trabecolare e compatta dell’osso, ed il meccanismo<br />

della loro propagazione all’interno della struttura. È oggi possibile,<br />

u. Tarantino, et al.<br />

inoltre, grazie a software specializzati nell’analizzare sequenze <strong>di</strong><br />

imaging, definire il ruolo delle proprietà del tessuto osseo come<br />

materiale, sia in termini <strong>di</strong> composizione macromolecolare che<br />

<strong>di</strong> struttura dei cristalli <strong>di</strong> idrossiapatite, determinando con buona<br />

accuratezza le proprietà biomeccaniche <strong>di</strong> resistenza del tessuto<br />

osseo, e la <strong>di</strong>stribuzione delle forze in relazione alla <strong>di</strong>stribuzione<br />

spaziale dei <strong>di</strong>versi componenti strutturali.<br />

Il chirurgo ortope<strong>di</strong>co, che spesso rappresenta il primo interlocutore<br />

<strong>di</strong> un paziente con frattura da fragilità, ha un duplice compito<br />

nel trattamento del paziente stesso. Infatti egli da un lato deve<br />

scegliere il trattamento conservativo o chirurgico più appropriato<br />

per la frattura appena avvenuta, tenendo conto del fatto che un<br />

osso quantitativamente ma, soprattutto, qualitativamente alterato<br />

può con<strong>di</strong>zionare i processi <strong>di</strong> guarigione e <strong>di</strong> osteointegrazione.<br />

D’altro canto egli deve in<strong>di</strong>viduare la patologia alla base dell’evento<br />

fratturativo, e, se possibile, prevenire eventuali fratture successive.<br />

Una frattura da fragilità, infatti, aumenta <strong>di</strong> 2,3-2,8 volte il<br />

rischio <strong>di</strong> una successiva frattura: donne in post-menopausa con<br />

una frattura <strong>di</strong> polso hanno un rischio due volte più alto <strong>di</strong> incorrere<br />

in una frattura <strong>di</strong> femore e pazienti con frattura <strong>di</strong> omero prossimale<br />

hanno un rischio sei volte più elevato <strong>di</strong> subire una frattura <strong>di</strong><br />

femore entro un anno.<br />

Nel trattamento chirurgico delle fratture da osteoporosi l’ortope<strong>di</strong>co<br />

si trova ad operare su un osso che è evidentemente <strong>di</strong> scarsa<br />

qualità. Egli è il vero testimone delle mo<strong>di</strong>ficazioni strutturali ed<br />

architetturali e della ridotta resistenza meccanica che caratterizzano<br />

l’osso nel corso del processo osteoporotico. Il contatto <strong>di</strong>retto con<br />

il tessuto osseo durante l’atto chirurgico può rappresentare uno<br />

strumento aggiuntivo non solo per valutare <strong>di</strong>rettamente la fragilità<br />

dell’osso (<strong>di</strong>minuita resistenza alle manovre chirurgiche), ma<br />

anche per in<strong>di</strong>rizzare il chirurgo ortope<strong>di</strong>co verso l’utilizzo <strong>di</strong> particolari<br />

accortezze procedurali o verso la scelta <strong>di</strong> specifici mezzi<br />

<strong>di</strong> sintesi appropriati alla qualità dell’osso del paziente.<br />

L’osteoporosi aumenta notevolmente il rischio <strong>di</strong> revisione; a 7<br />

anni il tasso <strong>di</strong> revisione delle protesi dovute a frattura <strong>di</strong> femore<br />

è del 4,4% rispetto al 2,9% delle revisioni <strong>di</strong> protesi impiantate<br />

per altre cause 5 . La <strong>di</strong>mensione del problema emerge anche dalla<br />

constatazione, ad esempio, che il trattamento chirurgico fallisce nel<br />

50% delle fratture dell’omero prossimale, nel 25% delle fratture<br />

sovracon<strong>di</strong>loidee del femore e nel 10% delle fratture pertrocanteriche.<br />

Il fallimento è legato sia all’alterazione delle proprietà<br />

meccaniche e strutturali dell’osso sia a uno sbilanciamento tra<br />

fattori sistemici e locali (anabolici e catabolici) che influiscono sul<br />

rimodellamento osseo 6 . La qualità dell’osso influenza non solo<br />

il rischio dell’evento fratturativo, ma anche la riuscita dell’atto<br />

chirurgico. È pertanto in<strong>di</strong>spensabile che i mezzi <strong>di</strong> sintesi siano<br />

orientati verso soluzioni adeguate alla con<strong>di</strong>zione osteoporotica.<br />

L’interfaccia tra osso ed impianto deve essere ottimale, per evitare<br />

un’elevata concentrazione <strong>di</strong> stress meccanico e <strong>di</strong>stribuire<br />

le forze in maniera omogenea 7 . Il rischio <strong>di</strong> cut-out si può ridurre<br />

aumentando la superficie dell’impianto che risulta perpen<strong>di</strong>colare<br />

alla <strong>di</strong>rezione della forza applicata, ad esempio con l’uso <strong>di</strong> lame<br />

e viti elicoidali. La resistenza all’estrazione delle viti che ancorano<br />

l’impianto all’osso può essere aumentata rendendole solidali<br />

all’impianto stesso: per le placche si ricorre ad un sistema <strong>di</strong><br />

stabilizzazione angolare della testa della vite nel foro della placca<br />

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