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30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia

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sioni nei pazienti emofilici ha determinato inoltre a partire dagli<br />

anni ’80 una larga <strong>di</strong>ffusione delle infezioni da HIV e HCV.<br />

Attualmente la prevalenza <strong>di</strong> HIV in Italia nella popolazione emofilica<br />

si attesta attorno al 26% con notevole riduzione della sua<br />

incidenza grazie ai controlli che sono stati istituiti sia nei donatori<br />

che nelle trasfusioni ematiche.<br />

L’artropatia emofilica<br />

Le se<strong>di</strong> più frequenti <strong>di</strong> sanguinamento nelle forme moderate e<br />

gravi sono le articolazioni. I primi emartri compaiono in genere con<br />

l’assunzione della posizione eretta e i primi tentativi <strong>di</strong> deambulazione.<br />

Il sanguinamento origina dal plesso venoso sub-sinoviale<br />

sottostante la capsula articolare, <strong>di</strong>stretto particolarmente povero<br />

<strong>di</strong> fattore tissutale ma molto ricco <strong>di</strong> inibitore della via estrinseca<br />

(TFPI) e dunque particolarmente pre<strong>di</strong>sposto al sanguinamento.<br />

L’artropatia emofilica rappresenta la conseguenza <strong>di</strong>retta degli<br />

emartri reci<strong>di</strong>vanti che caratterizzano la storia naturale della malattia<br />

ed interessa in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frequenza la caviglia, il ginocchio, il<br />

gomito, l’anca e la spalla 1 . Nonostante la profilassi primaria, costituita<br />

dalla terapia sostitutiva, sia in grado <strong>di</strong> ridurre la frequenza e<br />

l’entità dei sanguinamenti, il danno articolare rimane comunque la<br />

complicanza più frequente 2 .<br />

Per quanto la progressione patogenetica che determina il danno<br />

articolare non sia ancora completamente definita è tuttavia noto<br />

come questo sia determinato non solo dalla sinovite, ma anche da<br />

un’azione citotossica <strong>di</strong>retta sulla cartilagine da parte dell’emartro<br />

3 . Il sanguinamento intra-articolare determina infatti una ipertrofia<br />

sinoviale che porta alla liberazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> enzimi<br />

proteolitici e citochine infiammatorie che alimentano la reazione<br />

della sinovia ma agiscono anche <strong>di</strong>rettamente sulla degradazione<br />

della cartilagine articolare 4 . Alcuni stu<strong>di</strong> invece ritengono che i<br />

sanguinamenti intraarticolari abbiano un effetto <strong>di</strong>retto sulla degenerazione<br />

della cartilagine, antecedente e del tutto in<strong>di</strong>pendente<br />

dalla flogosi sinoviale 5 . Probabilmente ambedue le ipotesi patogenetiche<br />

coesistono e la degenerazione articolare caratteristica della<br />

artropatia emofilia non è secondaria solo alla sinovite ma anche<br />

legata <strong>di</strong>rettamente al sanguinamento intrarticolare 6 . L’artropatia<br />

costituisce per l’emofilico la con<strong>di</strong>zione maggiormente responsabile<br />

del deterioramento progressivo della qualità <strong>di</strong> vita.<br />

Sia nelle forme iniziali, sia nei pazienti non can<strong>di</strong>dati ad un intervento<br />

chirurgico, vi è la necessità <strong>di</strong> un approccio terapeutico meno<br />

invasivo in grado <strong>di</strong> rallentare la progressione dell’artropatia e<br />

comunque <strong>di</strong> alleviare i sintomi 7 . In queste senso da tempo sono<br />

state proposte con successo le sinoviortesi con Ra<strong>di</strong>ocolloi<strong>di</strong> 8 ,<br />

con Rifampicina 9 , con Penicillamina 10 nonché le infiltrazioni con<br />

corticosteroi<strong>di</strong> a scopo sintomatico.<br />

Più <strong>di</strong> recente, in analogia con gli ottimi risultati ottenuti nel trattamento<br />

dell’artrosi, sono state proposte nuove modalità terapeutiche<br />

basata sull’infiltrazione endoarticolare <strong>di</strong> acido ialuronico (AI) ad<br />

alto peso molecolare 11 o sull’infiltrazione <strong>di</strong> PRP.<br />

IL TraTTaMENTO PrOTESICO DELL’arTrOPaTIa EMOFILICa<br />

Negli sta<strong>di</strong> più avanzati dell’artropatia emofilica, caratterizzati da<br />

grave <strong>di</strong>struzione della cartilagine articolare con osteofitosi, iperplasia<br />

sinoviale e fibrosi, aderenze articolari fino all’anchilosi, il<br />

M. Innocenti, et al.<br />

trattamento <strong>di</strong>venta necessariamente chirurgico e spesso richiede<br />

la sostituzione protesica dell’articolazione 12 .<br />

Dal 1 Gennaio 1999 nella 2° Clinica Ortope<strong>di</strong>ca dell’Università <strong>di</strong><br />

Firenze viene svolto un Servizio <strong>di</strong> Chirurgia della artropatia emofilica<br />

che prevede un’attività sistematica <strong>di</strong> consulenza e trattamento.<br />

Per quanto riguarda le protesi <strong>di</strong> caviglia, spalla e gomito esse vengono<br />

eseguite con la collaborazione <strong>di</strong> chirurghi de<strong>di</strong>cati all’interno<br />

del C.T.O. AOUC Careggi; le protesi <strong>di</strong> anca e ginocchio primarie e<br />

<strong>di</strong> revisione vengono eseguite da un unico operatore (M.I.).<br />

Sulla base dell’esperienza acquisita in questo decennio cercheremo<br />

<strong>di</strong> esaminare problematiche a cui la particolarità del paziente emofilico<br />

espone nell’affrontare questo tipo <strong>di</strong> chirurgia.<br />

Tratteremo pertanto alcuni aspetti generali della protesizzazione nel<br />

paziente emofilico quali il sanguinamento, le infezioni e le problematiche<br />

relative alla fissazione e successivamente analizzeremo in dettaglio<br />

gli aspetti più specifici della protesizzazione dell’anca e del ginocchio<br />

che sono le sede ove più frequentemente si ricorre alle protesi.<br />

Sanguinamento<br />

Il trattamento chirurgico del paziente emofilico in generale, e quello<br />

protesico in particolare, richiede una stretta collaborazione fra<br />

ematologo e chirurgico per affrontare con successo le procedure<br />

chirurgiche ed inizia con un’adeguata profilassi per il sanguinamento<br />

sia pre- che post-operatorio.<br />

In sintesi possiamo <strong>di</strong>stinguere due tipi <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni cliniche: la<br />

profilassi del rischio emorragico del paziente emofilico senza inibitori<br />

del fattore VIII o IX e quella del paziente emofilico con inibitori.<br />

Schematicamente utilizziamo un’infusione <strong>di</strong> concentrato <strong>di</strong> FVIII/<br />

IX a boli intermittenti nell’emofilia A o B senza inibitori. Per quanto<br />

riguarda la dose iniziale <strong>di</strong> carico si infonde 30 minuti prima dell’anestesia<br />

un bolo <strong>di</strong> 60 U/kg <strong>di</strong> un concentrato <strong>di</strong> FVIII/IX, <strong>di</strong> origine<br />

plasmatica oppure ricombinante, prodotto con la tecnologia del<br />

rDNA. La dose <strong>di</strong> mantenimento è 30U/kg ciascun bolo, ogni 12 ore<br />

nei primi 14 giorni <strong>di</strong> decorso post-operatorio. I pazienti con emofilia<br />

A e inibitori sono stati trattati con il concentrato <strong>di</strong> fattore VII attivato<br />

e ricombinante (rFVIIa). 3 boli <strong>di</strong> 90 mcg/kg ciascuno sono stati<br />

eseguiti al momento della applicazione del (CVC), prima <strong>di</strong> iniziare<br />

l’intervento ed al momento della rimozione del laccio. Subito dopo<br />

la sutura viene iniziata un’infusione continua <strong>di</strong> rFVIIa a una velocità<br />

<strong>di</strong> 50 mcg/kg/h nei primi 3 giorni, quin<strong>di</strong> 30 mcg/kg/h nei successivi<br />

5 giorni e infine 15 mcg/kg/h fino al 14° giorno. Anche l’acido tranexamico<br />

ad un dosaggio <strong>di</strong> 2-3g/<strong>di</strong>e è stato impiegato in tutti pazienti<br />

sia nel periodo preoperatorio che in quello postoperatorio.<br />

La scrupolosa attuazione <strong>di</strong> questi schemi profilattici ha permesso<br />

<strong>di</strong> condurre gli interventi chirurgici negli emofilici senza complicanze<br />

emorragiche. Nella nostra esperienza non abbiamo mai<br />

avuto un sanguinamento maggiore intra-operatorio ed abbiamo<br />

osservato una percentuale <strong>di</strong> sanguinamenti post-operatori inferiore<br />

al 3%, analoga a quanto riportato in letteratura (Rodriguez-<br />

Merchan 2007) 13 .<br />

Infezioni<br />

Le infezioni degli impianti protesici hanno da sempre rappresentato<br />

la più grave e frequente complicanza nel paziente emofilico.<br />

La prevalenza storica riportata in letteratura varia infatti dal 7 al<br />

26% e nella maggior parte dei casi era superiore al 10%. Nella<br />

S51

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