30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia
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Biomateriali e biotecnologie in chirurgia della mano<br />
complessa riproduce al meglio l’escursione articolare della MCF.<br />
Queste protesi <strong>di</strong> rivestimento tuttavia non hanno una stabilità<br />
intrinseca e richiedono, quin<strong>di</strong>, una adeguata integrità delle strutture<br />
capsulo-legamentose per svolgere la loro funzione.<br />
LE NECESSITà NEL PazIENTE aFFETTO Da arTrITE rEuMaTOIDE<br />
Se lo scopo <strong>di</strong> una protesi articolare per le MCF deve essere quello<br />
<strong>di</strong> vicariare la funzione in quei casi dove essa è compromessa da un<br />
processo destruente ed invalidante, non vi è dubbio che l’evenienza<br />
più frequente risulti quella legata ai danni prodotti dall’Artrite<br />
Reumatoide. La patologia degenerativa artrosica, primaria o posttraumatica<br />
e la patologica destruente traumatica, risultano, infatti,<br />
<strong>di</strong> gran lunga meno frequenti.<br />
Nell’Artrite Reumatoide vi è una caratteristica <strong>di</strong>struzione delle<br />
strutture capsulo-legamentose della MCF: la sublussazione volare<br />
delle <strong>di</strong>ta e la loro deviazione ulnare (deformità a colpo <strong>di</strong> vento);<br />
la lussazione ulnare del ten<strong>di</strong>ne estensore. Il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />
articolare è variabile: si possono infatti osservare casi in cui la<br />
sublussazione volare e la deviazione ulnare comportano una per<strong>di</strong>ta<br />
pressoché completa della funzione articolare pur risultando le<br />
superfici articolari relativamente integre 7 .<br />
Le protesi che sono usate per sostituire l’articolazione metacarpofalangea<br />
nell’Artrite Reumatoide mirano a: 1) <strong>di</strong>minuire il dolore;<br />
2) restituire una escursione articolare più fisiologica e funzionale;<br />
3) correggere le deformità presenti; 4) prevenire le future; 5) apportare<br />
un miglioramento estetico.<br />
La CLaSSIFICazIONE DI BEEVErS E SEEDHOM<br />
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso Beevers e Seedhom<br />
valutarono i <strong>di</strong>segni <strong>di</strong>sponibili nel campo delle artroplastiche della<br />
MCF e li raggrupparono in 3 gran<strong>di</strong> categorie: 1) le protesi vincolate;<br />
2) le protesi flessibili; 3) gli altri tipi <strong>di</strong> protesi, da loro definite<br />
<strong>di</strong> “terza generazione” 8 .<br />
Questa classificazione, più esauriente <strong>di</strong> quella (inutile in questo<br />
campo) che <strong>di</strong>videva i modelli tra cementati e non cementati, apriva<br />
la strada all’introduzione delle protesi <strong>di</strong> rivestimento nel terzo<br />
gruppo; tuttavia gli autori includevano in questo anche protesi che<br />
presentassero caratteri sia delle protesi vincolate che <strong>di</strong> quelle flessibili,<br />
definendole ibride.<br />
Le protesi vincolate sono state le prime ad essere impiantate. Con<br />
il loro semplice <strong>di</strong>segno, con un unico asse <strong>di</strong> rotazione, fabbricate<br />
interamente in metallo, permettevano i soli movimenti <strong>di</strong> flessione<br />
e <strong>di</strong> estensione. La loro evoluzione ha dato origine a <strong>di</strong>segni con<br />
più assi <strong>di</strong> rotazione; con assemblaggi con incastro a pressione;<br />
fabbricate in metallo, ceramica o polimeri (Fig. 1). Questi <strong>di</strong>segni<br />
successivi hanno consentito in alcuni casi movimenti <strong>di</strong> flessione,<br />
estensione, adduzione, abduzione e rotazione assiale, in vario grado<br />
(Fig. 2).<br />
Molto presto, accanto alle protesi vincolate hanno fatto la loro<br />
comparsa le protesi flessibili a singolo componente (Fig. 3). Queste<br />
protesi, poco costose, facilmente stampabili ad iniezione, permettevano<br />
flessione, estensione, abduzione e adduzione.<br />
L’ultimo gruppo <strong>di</strong> protesi è stato chiamato protesi <strong>di</strong> “terza genera-<br />
S302<br />
Fig. 1. Schema <strong>di</strong> una protesi vincolata con stelo metacarpale in polietilene e stelo falangeo in acciaio<br />
(riprodotta per gentile concessione dell’e<strong>di</strong>tore Springer da: Merolli, Joyce, Biomaterials in Hand<br />
Surgery, 2009, pag. 51).<br />
Fig. 2. Schema <strong>di</strong> una protesi vincolata in polietilene-acciaio, con centro <strong>di</strong> rotazione posto volarmente<br />
rispetto all’asse dello stelo metacarpale (riprodotta per gentile concessione dell’e<strong>di</strong>tore Springer da:<br />
Merolli, Joyce, Biomaterials in Hand Surgery, 2009, pag. 52).<br />
Fig. 3. Foto <strong>di</strong> una protesi flessibile tipo Swanson (riprodotta per gentile concessione dell’e<strong>di</strong>tore<br />
Springer da: Merolli, Joyce, Biomaterials in Hand Surgery, 2009, pag. 53).<br />
Fig. 4. Schema <strong>di</strong> una protesi <strong>di</strong> rivestimento <strong>di</strong> tipo Nicolle (riprodotta per gentile concessione<br />
dell’e<strong>di</strong>tore Springer da: Merolli, Joyce, Biomaterials in Hand Surgery, 2009, pag. 54).