30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia
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Le protesi <strong>di</strong>scali lombari<br />
vita senza dover ricorrere alla chirurgia 2 3 . Nei casi in cui non ci<br />
sia risoluzione spontanea del problema, terapia fisica, massaggi<br />
e/o manipolazioni consentono buona risoluzione dei sintomi 4 . Il<br />
trattamento chirurgico può essere utile e trova la sua ragione quin<strong>di</strong><br />
solo nella piccola percentuale <strong>di</strong> pazienti che non risponde ai trattamenti<br />
conservativi e lamenta lombalgia persistente e ingravescente<br />
da <strong>di</strong>scopatia 2 .<br />
Ma quale trattamento chirurgico è meglio per una lombalgia da<br />
<strong>di</strong>scopatia? Ad oggi il trattamento gold standard internazionale<br />
è l’artrodesi, posterolaterale o meglio anche intersomatica 5-7 . Ma<br />
anche questa non ha <strong>di</strong>mostrato sempre buoni risultati clinici a<br />
<strong>di</strong>stanza, a causa <strong>di</strong> problemi quali pseudoartrosi (circa 16%),<br />
dolore sito donatore cresta iliaca (circa 9%), patologie giunzionali<br />
(fino al 79% a 10 anni), per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> movimento, alterazione<br />
del profilo sagittale 2 8-10 . Da una recente meta-analisi il successo<br />
clinico dell’artrodesi si attesta attorno al 75%, con un lento ritorno<br />
alla normalità che necessita in me<strong>di</strong>a 15 mesi 11 . L’artrodesi infatti<br />
non ha lo scopo <strong>di</strong> ripristinare le funzioni del <strong>di</strong>sco degenerato, ma<br />
<strong>di</strong> bloccare il segmento <strong>di</strong> moto così eliminando il movimento e<br />
l’assorbimento dei carichi del tessuto <strong>di</strong>scale patologico 5 6 . Questo<br />
però aumentando sia la <strong>di</strong>stribuzione dei carichi che il movimento<br />
sui livelli a<strong>di</strong>acenti, alterando così l’allineamento e la biomeccanica<br />
segmentale, sagittale e spinopelvica 6 12-14 .<br />
È per questo che, al <strong>di</strong> là delle questioni sulle metodologie <strong>di</strong>agnostiche<br />
migliori per arrivare ad una <strong>di</strong>agnosi eziologica sicura 15-17 ,<br />
nuove strade chirurgiche, quali le protesi <strong>di</strong>scali, sono state stu<strong>di</strong>ate<br />
e intraprese.<br />
Recentemente, la sostituzione protesica del <strong>di</strong>sco intervertebrale sta<br />
<strong>di</strong>ventando tecnica sempre più popolare 7 . La sostituzione protesica<br />
del <strong>di</strong>sco intervertebrale (TDR: total <strong>di</strong>sc replacement) ha lo scopo<br />
<strong>di</strong> preservare il movimento del segmento <strong>di</strong> moto, cercando così <strong>di</strong><br />
ridurre complicanze e problemi legate all’artrodesi. Dovendo sostituire<br />
sia anatomicamente che funzionalmente il <strong>di</strong>sco intervertebrale<br />
umano, una buona protesi <strong>di</strong>scale lombare dovrà avere le caratteristiche<br />
del complesso nucleo polposo-anulus fibroso. Oltre a preservare<br />
il movimento, dovrà anche svolgere le funzioni <strong>di</strong> cuscinetto e<br />
<strong>di</strong> spaziatore del <strong>di</strong>sco interevertebrale. Dovrà cioè avere una motilità<br />
simile a quella fisiologica, che a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altre articolazioni<br />
presenta un centro <strong>di</strong> rotazione variabile e non fisso, trasmettere e<br />
assorbire i carichi tra le vertebre, ripristinare la normale <strong>di</strong>stanza tra<br />
vertebra e vertebra così da ridare la normale altezza ai forami intervertebrali<br />
ed un corretto assetto sagittale. Oltre alle caratteristiche<br />
proprie del <strong>di</strong>sco intervertebrale, questo tipo <strong>di</strong> intervento consente<br />
<strong>di</strong> eliminare alcuni aspetti negativi dell’artrodesi, quali la necessità<br />
<strong>di</strong> prelievo <strong>di</strong> innesti ossei (fonte <strong>di</strong> dolore nella sede del prelievo),<br />
la pseudoartrosi, la necessità <strong>di</strong> indossare un corsetto ortope<strong>di</strong>co<br />
per un lungo periodo post-operatorio (causa <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong> soggettivi del<br />
paziente). Questo intervento ha anche un miglior impatto economico<br />
rispetto all’artrodesi, riducendo notevolmente i tempi me<strong>di</strong> <strong>di</strong> ospedalizzazione<br />
e <strong>di</strong> ritorno al lavoro 18 19 . Teoreticamente, in quanto<br />
non ancora <strong>di</strong>sponibili dati certi a lungo termine 20 , dovrebbe ridurre<br />
il rischio <strong>di</strong> patologie giunzionali. Il materiale, essendo costruita per<br />
pazienti giovani, deve provare una resistenza per deca<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita 6 . Da<br />
un recente stu<strong>di</strong>o su cadavere 21 la TDR lombare sembra non alterare<br />
la stabilità dell’unità funzionale, anche in caso <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> stabilità<br />
degli elementi posteriori.<br />
S200<br />
Purtroppo, nonostante la notevole ricerca, non si è ancora arrivati<br />
ad una protesi <strong>di</strong>scale con caratteristiche anatomiche-biomeccaniche<br />
del tutto uguali al <strong>di</strong>sco lombare normale 6 22 , in particolare per<br />
assorbimento dei carichi, centro <strong>di</strong> rotazione variabile 23 , motilità in<br />
rotazione assiale 24 , e corretta trasmissione dei carichi tra vertebre<br />
contigue. Inoltre non solo dal <strong>di</strong>sco, ma anche dalle strutture circostanti<br />
(zigoapofisi posteriori, muscolatura spinale, ecc.) <strong>di</strong>pende il<br />
buon risultato <strong>di</strong> un impianto protesico 25 .<br />
Ad oggi in<strong>di</strong>cazioni all’intervento <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong>scale sono 26-28 :<br />
• <strong>di</strong>scopatia degenerativa ad uno o più livelli (generalmente 2)<br />
tra L3 e S1 in pazienti <strong>di</strong> età 18- 60 anni con:<br />
– lombalgia/ lombosciatalgia;<br />
– fallimento terapia conservativa per almeno 6 mesi;<br />
– ODI > 20/50 (40%);<br />
– esclusione artrosi zigoapofisi come concausa <strong>di</strong> dolore;<br />
– evidenza ra<strong>di</strong>ografica:<br />
riduzione altezza <strong>di</strong>scale <strong>di</strong> almeno 2 mm;<br />
instabilità segmentaria con > 3 mm traslazione o > 5° angolazione,<br />
ma non scivolamento > 25%;<br />
ispessimento o essiccazione esterna del <strong>di</strong>sco alla RMN;<br />
ernia <strong>di</strong>scale contenuta;<br />
fenomeno vacuolizzazione <strong>di</strong>scale.<br />
Controin<strong>di</strong>cazioni sono 26-28 :<br />
• generali:<br />
– osteoporosi o altre osteopatie che aumentano il rischio <strong>di</strong><br />
mobilizzazione o affondamento dell’impianto;<br />
– deformità vertebrali (scoliosi degenerativa, ipercifosi, ecc.);<br />
– fratture vertebrali;<br />
– sospetta o presente patologia tumorale vertebrale;<br />
– spon<strong>di</strong>lo<strong>di</strong>scite acuta o cronica;<br />
– infezione;<br />
– febbre;<br />
– gravidanza;<br />
– obesità severa;<br />
– allergia ai materiali dell’impianto;<br />
– <strong>di</strong>pendenza da farmaci, tossico<strong>di</strong>pendenza, alcolismo;<br />
– malattie psicologiche o psichiatriche;<br />
– precedente chirurgia addominale maggiore o irra<strong>di</strong>azione<br />
addominale.<br />
• Specifiche:<br />
– ernia del <strong>di</strong>sco con predominante sintomatologia ra<strong>di</strong>colare<br />
o sindrome della cauda equina;<br />
– patologia degli elementi posteriori quale:<br />
artrosi III-IV grado delle zigoapofisi sec. Fujiwara (Fig. 6);<br />
stenosi del canale vertebrale lombare centrale, foraminale o<br />
laterale;<br />
esiti laminectomia;<br />
sindrome da fallimento <strong>di</strong> chirurgia lombare con fibrosi<br />
epidurale;<br />
– instabilità (spon<strong>di</strong>lolistesi istmica o degenerativa);<br />
– importanti irregolarità dei piatti <strong>di</strong>scali (es. grosse ernie <strong>di</strong><br />
Shmorl).<br />
Tutti gli autori sono assolutamente concor<strong>di</strong> nel ricordare che il<br />
successo della meto<strong>di</strong>ca passa attraverso una corretta in<strong>di</strong>cazione<br />
chirurgica, anche se l’esatta entità delle controin<strong>di</strong>cazioni alla TDR<br />
dovrebbe essere un attimo riveduta dopo gli iniziali protocolli