30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia
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Chirurgia protesica primaria e <strong>di</strong> revisione nell’artropatia emofilica<br />
protesi <strong>di</strong> ginocchio l’allentamento settico è infatti la prima cause<br />
<strong>di</strong> fallimento in numerose casistiche 14,15 .<br />
Numerose possono essere le cause dell’aumentato tasso <strong>di</strong> infezioni:<br />
il prolungato tempo chirurgico, i microsanguinamenti post-operatori,<br />
la prolungata presenza <strong>di</strong> cateteri venosi e, soprattutto nel<br />
passato, la <strong>di</strong>ffusione epidemica della sieropositività all’HIV nella<br />
popolazione emofilia 16 . La presenza dell’inibitori rappresenterebbe<br />
inoltre uno specifico rischio <strong>di</strong> sviluppare un infezione 17 .<br />
Stu<strong>di</strong> più recenti evidenziano tuttavia come il miglioramento delle<br />
tecniche chirurgiche e delle cure ematologiche abbia ridotto tale<br />
complicanza e l’utilizzo <strong>di</strong> farmaci antiretrovirali abbia abbassato<br />
l’incidenza delle infezione anche nel paziente sieropositivo 18 .<br />
La possibilità <strong>di</strong> sviluppare una complicanza settica rimane tuttavia<br />
superiore alla popolazione non emofilica e ogni singolo fattore <strong>di</strong><br />
rischio deve essere valutato con attenzione e la profilassi antibiotica<br />
instaurata in maniera rigorosa e continuata fino allo svezzamento<br />
dai cateteri.<br />
Fissazione<br />
Da tempo si è cercato <strong>di</strong> comprendere se la patogenesi prevalentemente<br />
metabolica dell’artropatia emofilica, rispetto a quella<br />
meccanica, potesse influire in maniera negativa sulla fissazione<br />
biologica degli impianti protesici che, per la giovane età dei pazienti,<br />
risulterebbe altrimenti particolarmente in<strong>di</strong>cata. Nei primi stu<strong>di</strong><br />
sull’interfaccia osso cemento era stato ad<strong>di</strong>rittura speculato che il<br />
precoce allentamento asettico <strong>di</strong> alcuni impianti cementati potesse<br />
essere dovuto alle micro emorragie che si realizzano nello spazio<br />
virtuale fra osso-cemento 19 . In realtà, sebbene questa ipotesi patogenetica<br />
non sia mai stata confermata, al pari <strong>di</strong> altre artropatie<br />
come l’artrite reumatoide 20 esistono oramai numerose evidenze in<br />
letteratura che le alterazioni dell’osso emofilico non influenzino la<br />
capacità <strong>di</strong> osteointegrazione dell’impianto.<br />
Le prime <strong>di</strong>mostrazioni in letteratura risalgono agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Kelley<br />
nella cui serie gli impianti non cementati <strong>di</strong> anca erano gli unici<br />
a non riportare alcun fallimento 21 . Più recenti stu<strong>di</strong> in letteratura<br />
confermano questi primi risultati riportando una percentuale <strong>di</strong><br />
fallimento superiore per gli impianti <strong>di</strong> anca cementati rispetto a<br />
quelli non cementati 22,23 .<br />
Sulla base <strong>di</strong> queste considerazioni nella nostra clinica ortope<strong>di</strong>ca<br />
l’impianto non cementato <strong>di</strong> anca rappresenta la prima scelta nel<br />
paziente emofilico con buona qualità ossea. Tuttavia anche nella<br />
protesica <strong>di</strong> ginocchio riteniamo che la fissazione biologica possa<br />
avere una sua in<strong>di</strong>cazione nei pazienti giovani e con una buona<br />
qualità ossea.<br />
arTrOPrOTESI DI aNCa<br />
L’articolazione dell’anca risulta statisticamente meno colpita<br />
dall’artropatia emofilica rispetto alle articolazioni maggiori della<br />
arto inferiore, tuttavia, la sua posizione strategica nella biomeccanica<br />
dell’arto inferiore rende il trattamento protesico <strong>di</strong> questa<br />
articolazione cruciale nella programmazione delle protesizzazioni<br />
del paziente emofilico.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista anatomo-patologico non vi sono delle alterazioni<br />
patognomoniche dell’anca emofilica anche se in alcuni casi sono<br />
state descritte delle mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong> tipo osteonecrotico 24 ma l’al-<br />
S52<br />
terazione geometrica più frequente è rappresentata dal collo valgo<br />
ed antiverso 22 senza che tuttavia ne sia stata trovata una giustificazione<br />
patogenetica 25 .<br />
Più costanti e tipiche sono invece le alterazioni dei tessuti molli<br />
periarticolari caratterizzate da fibrosi muscolari e contratture capsulari<br />
e legamentose.<br />
Le prime descrizioni <strong>di</strong> protesi d’anca in pazienti emofilici risalgono<br />
ai primi <strong>di</strong> anni ’60. Allora, seppure con casistiche numericamente<br />
ridotte, sono state riportate numerose serie <strong>di</strong> pazienti trattati.<br />
In linea generale in tutti i casi viene sottolineato il notevole<br />
incremento della funzionalità dell’anca e della qualità <strong>di</strong> vita del<br />
paziente emofilico sottoposto a protesi d’anca. Più controversi<br />
sono i risultati a lungo termine. Infatti specialmente in alcune delle<br />
prime serie viene riportato una percentuale <strong>di</strong> allentamento particolarmente<br />
elevato.<br />
Per quanto riguarda la nostra esperienza nel periodo compreso dal gennaio<br />
1999 al <strong>di</strong>cembre 2009 abbiamo eseguito 27 protesi totali d’anca<br />
in pazienti affetti da artropatia emofilica con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 45 anni (range<br />
34-72). In tutti casi abbiamo utilizzato una protesi non cementata,<br />
con un cotile emisferico applicato con un meccanismo a press-fit ed<br />
uno stelo retto che prevedeva un rivestimento poroso nella sua regione<br />
metafisaria tranne in casi <strong>di</strong> canale midollare <strong>di</strong> piccola <strong>di</strong>mensione in<br />
cui è stato impiegato uno stelo conus. In 7 casi siamo ricorsi all’impiego<br />
<strong>di</strong> viti per incrementare la stabilità del cotile. In 15 casi abbiamo<br />
impiegato un accoppiamento metallo-metallo con teste <strong>di</strong> grande<br />
<strong>di</strong>ametro mentre in 12 casi un accoppiamento metallo-polietilene con<br />
testina femorale 28 mm in Zirconio ossidato (Fig. 1 A, B).<br />
Al controllo finale il risultato clinico, valutato secondo l’Harris Hip<br />
Score ha <strong>di</strong>mostrato un netto incremento del punteggio me<strong>di</strong>o che<br />
passava da 31 nel pre-operatorio a 81 al controllo finale. In nessun<br />
caso abbiamo dovuto revisionare le componenti protesiche.<br />
Nello stesso periodo abbiamo eseguito 5 interventi <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong><br />
anca tutti per allentamento asettico <strong>di</strong> impianti eseguite altrove. In<br />
2 casi abbiamo eseguito una revisione isolata <strong>di</strong> cotile, in 1 caso<br />
una revisione isolata <strong>di</strong> stelo e in 2 casi una revisione completa <strong>di</strong><br />
entrambe le componenti.<br />
Per la revisione della componente acetabolare siamo ricorsi in tutti i<br />
casi ad un impianto in trabecular metal ricorrendo ad osso <strong>di</strong> banca<br />
miscelato a cellule staminali qualora fosse necessario ripristinare il<br />
bone stock. Nessun fallimento delle revisioni è stato riscontrato.<br />
In conclusione i risultati della sostituzione protesica <strong>di</strong> anca nell’artropatia<br />
emofilica si sono rilevati estremamente sod<strong>di</strong>sfacenti sia per quanto<br />
riguarda il dolore sia per quanto riguarda la funzionalità articolare e<br />
la protesizzazione si è <strong>di</strong>mostrato un intervento in grado incrementare<br />
in maniera significativa la qualità della vita del paziente emofilico.<br />
a B<br />
Fig. 1 a-B. Artropatia emofilica anca destra <strong>di</strong> grado avanzato con coxa valga e antiversa (A) su cui<br />
è stata impiantata protesi totale non cementata con accoppiamento oxinium-polietilene (B).