30845 Suppl Giot.pdf - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia
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G.I.O.T. 2010;36(suppl. 1):S321-S322<br />
Instabilità gleno-omerale da <strong>di</strong>fetto osseo: <strong>di</strong>spositivi innovativi <strong>di</strong> trattamento<br />
F. Franceschi, r. Papalia, G. rizzello, a. Del Buono, r. Minola * , V. Denaro<br />
rIaSSuNTO<br />
Lo stu<strong>di</strong>o descrive una tecnica <strong>di</strong> veicolazione e fissazione <strong>di</strong><br />
trapianto osseo me<strong>di</strong>ante portale antero-inferiore. Lo stu<strong>di</strong>o è stato<br />
condotto su 10 spalle <strong>di</strong> cadavere. Dopo aver veicolato e posizionato<br />
il blocchetto osseo, la <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a fra la vite e il nervo<br />
muscolocutaneo era 23,1 ± 5,1 (DS me<strong>di</strong>a) mm, 24,3 ± 5,8 mm fra<br />
la vite e il nervo ascellare. Benché l’abduzione a 90° della spalla<br />
avvicinasse maggiormente entrambi i nervi al filo guida (repere),<br />
rispetto alle altre posizioni, tale dato costituiva soltanto un rilievo<br />
statistico privo <strong>di</strong> significatività. La tecnica riportata può essere<br />
applicata su cadavere con sicurezza e criteri <strong>di</strong> riproducibilità nel<br />
trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei associati ad instabilità gleno-omerale.<br />
Parole chiave: Stu<strong>di</strong>o su cadavere, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> osso, portale<br />
antero-inferiore, sicurezza, riproducibilità<br />
La scelta della chirurgia a cielo aperto o artroscopica nel trattamento<br />
dell’instabilità traumatica <strong>di</strong> spalla risulta essere, adesso più che<br />
mai, oggetto <strong>di</strong> controversie e <strong>di</strong>battiti. La letteratura internazionale<br />
sostiene che, nonostante la chirurgia a cielo aperto garantisca<br />
una minore incidenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve, le tecniche artroscopiche hanno<br />
subito negli ultimi decenni una consistente evoluzione, al punto<br />
<strong>di</strong> garantire risultati comparabili a quelli osservati in pazienti<br />
soppoposti a trattamento chirurgico a cielo aperto 1 . Importante<br />
sfida del chirurgo artroscopista è non solo in<strong>di</strong>viduare la patologia<br />
ma realizzare tutte quelle procedute volte a ripristinare sia<br />
l’anatomia che la funzione biomeccanica delle strutture lesionate.<br />
L’artroscopista rimane pur sempre chirurgo delle strutture ossee,<br />
in considerazione del fatto che la maggior parte dei fallimenti<br />
delle riparazioni artroscopiche <strong>di</strong> lesioni “Bankart” derivi da <strong>di</strong>fetti<br />
ossei post-traumatici, sia del versante glenoideo che omerale.<br />
Pertanto, la causa preponderante dei nostri fallimenti non è tanto<br />
l’inadeguata fissazione dei tessuti molli, quanto il deficit osseo<br />
post-traumatico. Di conseguenza, l’eziologia <strong>di</strong> una instabilità<br />
ricorrente è attribuita, nella maggior parte dei casi, ad un mancato<br />
riconoscimento o inadeguato trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei dotati <strong>di</strong><br />
Dipartimento <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Università Campus Biome<strong>di</strong>co, Via<br />
Alvaro del Portillo, Roma; * Istituto Clinico Sant’ Ambrogio, Via Faravelli 16,<br />
Milano<br />
In<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:<br />
F. Franceschi, Dipartimento <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Università Campus<br />
Biome<strong>di</strong>co, Via Alvaro del Portillo, 00128 Roma. Fax +39 06 225411934.<br />
E-mail: f.franceschi@unicampus.it<br />
significativa rilevanza biomeccanica, piuttosto che alla realizzazione<br />
<strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> riparazione inadeguate. Se negli anni 90 sono<br />
stati compiuti innumerevoli sforzi nel tentativo <strong>di</strong> introdurre nuove<br />
tecniche volte alla riparazione dei tessuti molli, quali “shrinkage”<br />
o plicatura dei tessuti capsulari, ci si è accorti che tale interesse<br />
<strong>di</strong>stoglieva l’attenzione da una questione più importante: il <strong>di</strong>fetto<br />
osseo gleno-omerale post-traumatico 2 3 . Sono stati condotti innumerevoli<br />
stu<strong>di</strong> con l’obiettivo <strong>di</strong> valutare il ruolo del deficit osseo<br />
nella instabilità reci<strong>di</strong>vante, dopo riparazione Bankart. Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
biomeccanica hanno documentato una relazione inversa fra <strong>di</strong>fetto<br />
glenoideo e stabilità gleno-omerale, <strong>di</strong>mostrando come la stabilità<br />
anteriore sia correlata alla forma della glena, in assenza <strong>di</strong> tensione<br />
delle strutture capsulo-legamentosi. Si è visto che non c’era <strong>di</strong>fferenza<br />
significativa in termini <strong>di</strong> risultati clinici e funzionali in<br />
pazienti sottoposti a riparazione Bankart, con deficit osseo compreso<br />
fra 1/6 e 1/3 della glena. Alcuni autori hanno posto in<strong>di</strong>cazione<br />
ad utilizzare il trapianto <strong>di</strong> osso in pazienti con <strong>di</strong>fetto osseo pari<br />
almeno ad 1/3 della superficie glenoidea, mentre altri hanno posto<br />
in<strong>di</strong>cazione in caso <strong>di</strong> ampi <strong>di</strong>fetti ossei, senza valutare l’entità del<br />
<strong>di</strong>fetto 2-4 . Nonostante il trapianto <strong>di</strong> osso sia suggerito in pazienti<br />
cin grave deficit osseo trattati con riparazione “Bankart”, non vi<br />
sono ancora chiare in<strong>di</strong>cazioni ad eseguire un trattamento me<strong>di</strong>ante<br />
trapianto <strong>di</strong> osso.<br />
MaTErIaLI E METODI<br />
10 spalle <strong>di</strong> cadavere, 7 lato destro e 3 lato sinistro, (età me<strong>di</strong>a<br />
53 anni, range 38-67, tutti sesso maschile) sono state sottoposte<br />
a procedura artroscopica me<strong>di</strong>ante portale antero-inferiore, al fine<br />
fissare con 2 viti il trapianto osseo me<strong>di</strong>ante puntatore.<br />
Tecnica chirurgica: Il blocchetto osseo veniva veicolato all’interno<br />
dell’articolazione attraverso il portale antero-inferiore, inserito<br />
nella cannula trasparente del puntatore.<br />
Dopo aver raggiunto il collo della glena a livello del quadrante<br />
antero-inferiore, verificato che la superficie superiore del blocchetto<br />
osseo corrispondesse al piatto della glenoide, venivano fatte passare<br />
attraverso i tessuti molli, dall’esterno all’interno, le due cannule<br />
<strong>di</strong> fissazione, fino a toccare la bratta ossea con un’angolazione <strong>di</strong><br />
30°. A tal punto si inserivano le frese (2,5 mm) per l’esecuzione <strong>di</strong><br />
fori <strong>di</strong> passaggio delle viti <strong>di</strong> almeno 3 cm <strong>di</strong> lunghezza, fili guida<br />
e infine viti autofilettanti <strong>di</strong> fissazione (2,8 mm).<br />
rISuLTaTI<br />
I fili guida degli impianti sono stati utilizzati per calcolare le<br />
<strong>di</strong>stanze dalla vite <strong>di</strong> fissazione del trapianto osseo più me<strong>di</strong>ale ai<br />
nervi ascellare e muscolocutaneo, in <strong>di</strong>fferenti posizioni. La <strong>di</strong>stan-<br />
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