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Antico Testamento

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GIOBBE 14:18-22<br />

608<br />

un passaggio di un’audacia quasi<br />

incredibile, Giobbe proclama<br />

che l’uomo è più che materia:<br />

quando i cieli si disintegreranno<br />

e passeranno, quando anche le<br />

antiche colline si sgretoleranno e<br />

lo stesso Giobbe giacerà da millenni<br />

nella stretta della morte,<br />

dovrà pur spuntare il giorno in<br />

cui Dio, in cuor suo, desidererà<br />

ardentemente rivedere il suo<br />

amico, l’opera delle sue mani.<br />

Allora, dall’abisso del mondo<br />

sotterraneo, Giobbe risponderà<br />

e, più solidamente delle colline<br />

e più stabilmente dei cieli, sarà<br />

riunito a quel Dio che aveva cominciato<br />

a provare nostalgia del<br />

suo servo 18 .<br />

14:18-22 Il declino dell’uomo provato<br />

dalle affl izioni è inevitabile come<br />

l’erosione del suolo in natura. Il corpo<br />

ritorna alla polvere e l’anima se ne<br />

parte per un luogo di tristezza.<br />

Qui si conclude il primo ciclo di<br />

rifl essioni. Dalla logica degli amici di<br />

Giobbe emerge questo sillogismo: Dio<br />

è giusto; Dio punisce l’empio; il fatto<br />

che a Giobbe sia infl itta una pena signifi<br />

ca che Giobbe è empio. Giobbe,<br />

invece, nega risolutamente di aver<br />

commesso alcuna empietà.<br />

B. Secondo ciclo di discussioni<br />

(capp. 15–21)<br />

In questo secondo ciclo di argomentazioni<br />

i “consolatori” di Giobbe, i quali<br />

ormai non lo invitano neppure più a<br />

pentirsi, diventano sempre più critici<br />

e aspri. Nel frattempo Giobbe si fa più<br />

ostinato.<br />

1. Secondo discorso di Elifaz<br />

(cap. 15)<br />

15:1-6 Ora è il turno di Elifaz di Teman.<br />

Questi accusa Giobbe di presunzione<br />

e di abbandonarsi a chiacchiere<br />

inutili ed empie. In un susseguirsi di<br />

quesiti a raffi ca, Elifaz deride la presunta<br />

scienza di Giobbe defi nendola<br />

vana. Mentre le parole audaci con cui<br />

Giobbe provoca Dio danno, eff ettivamente,<br />

adito all’accusa di “distruggere<br />

il timor di Dio”, non è, tuttavia, leale<br />

accusare Giobbe di esprimersi col<br />

linguaggio degli astuti: se non altro,<br />

contrariamente agli ipocriti, Giobbe<br />

è troppo schietto e privo di remore!<br />

Invano egli, come chiunque altro, professa<br />

la rettitudine.<br />

15:7-13 Dopodiché Elifaz mette in<br />

discussione la presunta arroganza con<br />

cui Giobbe terrebbe in così gran conto<br />

i propri ragionamenti e gli domanda:<br />

“Hai forse accaparrato la saggezza<br />

tutta quanta per te solo?”. Facendo<br />

passare le parole dei tre “consolatori”<br />

come “dolci… consolazioni di Dio”<br />

Elifaz denota una totale aridità di cuore,<br />

l’incapacità di porgere un incoraggiamento<br />

sincero e compassionevole.<br />

15:14-16 Elifaz rinnova le osservazioni<br />

di cui in 4:17-19 riguardo<br />

alla santità di Dio e alla colpevolezza<br />

dell’uomo. Ma come può Giobbe esser<br />

più colpevole di Elifaz? Ridout si<br />

domanda:<br />

Ma allora perché accostarlo [Dio]<br />

a Giobbe, come se quest’ultimo<br />

dovesse uscire dal confronto più<br />

peccatore degli altri? Naturalmente<br />

questo discorso è più scaltro<br />

rispetto alle parole impetuose<br />

di Giobbe. Che anche Elifaz

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