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Antico Testamento

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la luce” (v. 28b). Non si tratta soltanto<br />

di una bella esortazione ma altresì<br />

di una verità (per il peccatore pentito<br />

che torni all’Onnipotente e allontani<br />

l’iniquità dalle proprie tende!). In<br />

questo caso rimane tuttavia il problema<br />

del senso d’opportunità: Giobbe,<br />

infatti, non è vissuto nel peccato! Barnes<br />

compendia l’appello fi nale di Elifaz<br />

a Giobbe:<br />

L’Onnipotente sarebbe stato il<br />

suo rifugio: Giobbe avrebbe trovato<br />

la felicità in Dio, le sue preghiere<br />

sarebbero state ascoltate e<br />

la luce avrebbe illuminato il suo<br />

cammino. Infi ne, allorché altri<br />

sarebbero stati alfi ne umiliati,<br />

egli sarebbe stato innalzato 24 .<br />

2. Replica di Giobbe<br />

(capp. 23–24)<br />

Nei capp. 23–24 è racchiuso un unico<br />

discorso che gli antichi studiosi<br />

biblici hanno suddiviso in due parti<br />

solamente per maggior comodità. Al<br />

cap. 23 Giobbe sviluppa tre argomenti<br />

principali: 1) il desiderio di presentare<br />

la propria causa al trono di Dio<br />

(vv. 1-9); 2) la rivendicazione della<br />

propria rettitudine (vv. 10-12); 3) la<br />

perplessità che gli fa equiparare Dio a<br />

un nemico (vv. 13-17).<br />

23:1-9 Amaro è il lamento di Giobbe.<br />

Se soltanto si potesse arrivare al<br />

trono di Dio e trovarlo!<br />

Spurgeon commenta:<br />

La sua prima preghiera non fu:<br />

“Se potessi essere guarito dalla<br />

malattia che tormenta ogni parte<br />

del moi corpo!”, e neppure: “Se<br />

potessi vedere i miei fi gli ritorna-<br />

GIOBBE 23:13-17<br />

re in vita e i miei beni strappati<br />

alla mano del predatore!”, ma<br />

piuttosto: “Sapessi dove trovarlo!<br />

Potessi arrivare fi no al Suo<br />

trono!” I fi gli di Dio corrono a<br />

casa quando arriva la tempesta.<br />

È l’istinto celeste di un’anima<br />

buona cercare rifugio sotto le ali<br />

dell’Eterno” 25 .<br />

Giobbe è persuaso che, se riuscisse<br />

ad avvicinare il Signore, sarebbe<br />

assolto per sempre dal suo giudice,<br />

il quale riconoscerebbe la sua rettitudine.<br />

23:10-12 Il v. 10, spesso citato a ratifi<br />

ca del concetto relativo agli eff etti<br />

santifi canti delle prove, nel contesto<br />

descrive la speranza di Giobbe in un<br />

verdetto di “non colpevolezza”. Nel<br />

frattempo Dio agisce in modo arbitrario,<br />

e i suoi tremendi giudizi atterriscono<br />

Giobbe. Malgrado ciò, Giobbe è<br />

convinto che, se mai la sua causa fosse<br />

esposta al trono del giudizio di Dio,<br />

egli sarebbe trovato puro come l’oro e<br />

sarebbe comprovata la sua incessante<br />

ubbidienza alle parole di Dio, che egli<br />

custodisce come un tesoro più della<br />

sua porzione di cibo (ND). Le belle<br />

parole del v. 10 meritano di essere imparate<br />

a memoria e diventare l’emblema<br />

della nostra stessa vita:<br />

Ma la via che io batto egli la conosce;<br />

se mi mettesse alla prova,<br />

ne uscirei come l’oro.<br />

23:13-17 Nel frattempo Dio, il quale<br />

non ha uguali (così ND; NR ha: “la<br />

sua decisione è una”), agisce apparentemente<br />

in modo arbitrario: Dio fa<br />

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