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424 Sebastiano Tafaromediazione e la conciliazione, in realtà ad oggi non ancora entrata in vigore. L’otticanella quale si è mosso l’Italia non è stata affatto quella della via alternativa bensísoltanto quella del tentativo di offrire una scorciatoia alle lungaggine dei processi;perciò essa si va ad aggiungere e, paradossalmente, ad ulteriormente intasare e allungarei tempi delle procedura, poiché non è prevista la vincolatività del giudizio emessodal mediatore.conciliatore. inoltre ha vincoli e rigidità tali che non ne fanno presagireun felice esito, tanto piú che incontra l’ostruzionismo di parte degli avvocati. Ladirettrice segnata dalla direttiva europea appare, in realtà, disattesa, restando un adeguamentomeramente formale e svuotato della parte piú profondamente innovativa 13 .Proprio l’esperienza, ancora in nuce, della mediazione mi sembra evidenziare unaverità. È illusorio ed impossibile pensare di dare “giustizia” effettiva ai cittadini ed ingenerale agli uomini lasciando in vita gli attuali sistemi giudiziari e non mettendo indiscussione la figura ed il ruolo dei giudici. Gli interventi che non affrontano questonodo si risolvono in rattoppi provvisori ed inefficaci.Occorre riflettere su quello che deve essere il sistema giudiziario ai nostri giornie di fronte al fallimento dell’illusione creata dalla teoria della divisione dei tre poterifondamentali dello stato.Solo partendo da questa consapevolezza si possono delineare soluzioni utili edincisive. Su di esse occorre riflettere e gli studiosi sono chiamati ad elaborare la nuovacollocazione dei giudici nel nuovo processo diretto ad assicurare l’accesso reale, rapidoe non gravoso alla giustizia.Le soluzioni si prospettano difficile. Tuttavia qualcosa può già essere detto. Adesempio, ci si può domandare se oggi, in assenza di un potere assoluto dalle cuiingerenze essere garantiti, nelle Repubbliche democratiche sia necessario che i giudicisiano nominati “a vita”, creando una casta che non di rado si chiude in sé stessa.Prendendo ad esempio il modello della mediazione, ci si può domandare quale sial’elemento che lo fa sembrare piú proficuo e preferibile. Esso mi pare risiedere nellasemplificazione e nella possibilità di scelta lasciata alle parti, la quale si ritrova anchein un altro strumento diffuso per questioni (soprattutto commerciali) di grande rilevanza:l’arbitrato. Ebbene non dovrebbe l’intero sistema giudiziario essere caratterizzatoin tal guisa? Se guardiamo all’esperienza del diritto romano, che ha influenzato laciviltà giuridica odierna (specialmente quella della civil law), vediamo che vi era unanetta distinzione tra magistrato giusdicente e giudice. Il primo aveva il potere giurisdizionaleed era temporaneo (durava in carica appena un anno: figurarsi!), il secondoriceveva il potere dal primo e doveva verificare come stessero i fatti; perciò era unprivato (quindi proveniente dal vissuto quotidiano), però scelto ed accettato dalle parti.ne; d) organismo: l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione aisensi del presente decreto; e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro dellagiustizia ai sensi dell’articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale decreto, il registrodegli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.13 V. le motivate critiche di G. Scarselli, La nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno,[in:] Judicium – Il processo civile in Italia e in Europa, consultabile online al sito .

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