Il Forte sul Fiume

VIII.
Le galee di Connor, entrate in porto all'alba, erano già
saldamente ormeggiate al molo quando, ancora assonnato, vi arrivai
uscendo dalla porta occidentale. Alla fine della stagione invernale,
periodo in cui navigare era più agevole, aveva deciso di gettare di
nuovo l'ancora a Ravenglass. La sua presenza, che non ci colse del
tutto di sorpresa, fu un motivo in più per festeggiare.
«Testa Gialla!»
Levai lo sguardo dove lui, sospeso in aria, si apprestava a sbarcare
al suo solito modo inusitato, il piede ancorato in un laccio della
fune, la gamba di legno puntata nella mia direzione, una mano
stretta intorno alla corda, mentre gli uomini dell'equipaggio
cautamente lo calavano a terra.
«Testa Gialla! Hai la barba come i celti. Cosa ti sei fatto ai capelli?
Dovrò chiamarti Testa Bruna. Sei stato malato?» Rideva e sapevo che
non era sorpreso di vedere in me tutti quei cambiamenti. Prima che
potessi rispondergli, si voltò facendo perno sulla gamba di legno e,
appoggiando un braccio sulla mia spalla per girare anche me, indicò
il ponte di poppa. «Guarda lassù! Ti ho portato ospiti.»
Rimasi attonito al vedere Ambrogio e Ludmilla che agitavano la
mano per salutarmi, i visi sorridenti. Sentii la gioia invadere il mio
cuore mentre rivolgevo loro un silenzioso benvenuto. Si
allontanarono dal ponte e sapendo che sarebbero apparsi sulla
passerella, mi volsi a Connor.
«Cosa ci fa qui Ambrogio? Come è riuscito a fuggire da Camelot?»
Connor rise e portando il dito alle labbra con un'elaborata
pantomima mi invitò alla prudenza. «Ssst! Di quale Ambrogio stai
parlando, Testa Bruna? L'uomo che hai salutato è Merlino
Britannico, comandante delle forze armate di Camelot. Non sai
niente? È venuto fino qui per rendere visita al re Derek di
Ravenglass. Sono alleati di vecchia data.»
Che potevo fare se non scuotere la testa e accettare le