Il Forte sul Fiume

Lucano non aveva mai avuto pazienza per le proprie infermità e si
rifiutava semplicemente di ammalarsi come chiunque altro.
Sembrava trovare una sua malattia o debolezza un insulto alle sue
capacità di medico, ed era forse l'unica sua forma di vanità. Questa
volta però era malato davvero, e non aveva neppure la forza di
negarlo.
Quando riprese in mano il calice di vino mi accorsi di come
tremava la sua mano. Rimasi lì a mordermi l'interno di una guancia,
pensando a come fare per occuparmi di lui senza sollevare le sue ire.
Decisi che non appena fosse terminata la riunione, lo avrei affidato
alle cure di Shelagh e Tressa, che avrebbero ignorato tranquillamente
le sue lamentele e i suoi rimbrotti con la stessa naturalezza con cui
ignoravano i miei o quelli di Donuil.
Guardai la testa di Lucano sotto di me, vedendo per la prima
volta il pallore del suo scalpo sotto i capelli radi. Il mio amico era
invecchiato spaventosamente, e in un tempo molto breve. Era
sempre stato una figura alta e dinoccolata, ma ora era smagrito fino
a sembrare emaciato, e i suoi movimenti erano lenti ed esitanti. Lo
informai che avrei mandato Shelagh e Tressa a trovarlo, per
somministrargli qualche brodo medicinale caldo. Borbottò qualcosa
ma non si oppose.
Quando furono arrivati tutti, lessi loro la lettera di Ambrogio ad
alta voce, chiedendo loro di dirmi cosa ne pensavano. Prima Dedalo
mi chiese di rileggerla, cosa che feci, poi seguì un silenzio che sembrò
confermare la mia impressione che Ambrogio avesse detto tutto ciò
che c'era da dire.
Poi però Filippo parlò.
«Se Connor comparirà prima della partenza, seguirai il consiglio di
tuo fratello e ti imbarcherai con lui?»
«Sì, credo che sia un'idea ragionevole. Mi porterò via quelli che
giunsero qui con me, e tu riporterai i tuoi lungo la strada. Se le cose
stanno come dice Ambrogio, e potrebbero essere già peggiorate,
prima saremo di nuovo a Camelot e meglio sarà per tutti, non sei
d'accordo?»
Filippo scosse il capo, perplesso. «Sì, certo. Pensavo solo a quello