Il Forte sul Fiume

La cena, che si consumava tutti insieme, era servita in uno degli
stanzoni della caserma, una volta calata l'oscurità. L'orario cambiava
in piena estate. Ma l'accenno al pasto era bastato a ricordarmi che
avevo fame. Non mangiavo dal mattino.
Presi dal braciere la brocca, contento di quanto avevamo appreso
e apprezzando il fatto che avevamo tutto il tempo di assaporare il
vino.
Rimanemmo a chiacchierare tranquillamente, colmando di tanto
in tanto i boccali e crogiolandoci al calore del fuoco e del vino. A
poco a poco la conversazione languì e alla fine tacemmo; per lungo
tempo si sentì soltanto il crepitio delle fiamme nel braciere e lo
sfrigolio dei carboni che si assestavano. Dormicchiavo sulla sedia,
quando Ambrogio mi scosse di botto facendomi sobbalzare.
«Che cos'era?»
«Cosa? Non ho sentito niente.»
Mi scoccò un'occhiata, quindi piegò la testa all'indietro. «Ascolta.»
Tendemmo l'orecchio, e all'improvviso la porta e le persiane
tremarono sotto l'impeto del vento.
«Maledizione!» esclamò Joseph balzando in piedi e, avvicinatosi
alla porta, l'aprì. Era buio pesto fuori. Dovevamo essere rimasti
davanti al fuoco per almeno due ore. Mentre così pensavo, la porta
si spalancò con forza e il battente andò a sbattere contro la parete.
Una folata di vento gelido irruppe nella stanza, spegnendo le
candele, sollevando uno degli angoli del foglio di pergamena sul
tavolo e scatenando una nube di scintille nel braciere. Joseph tirò
con forza la porta e la chiuse saldamente. Voltandosi a guardarci e
pulendosi le mani sulla tunica, i capelli arruffati e l'abito bagnato da
goccioloni di pioggia borbottò: «Chi ha detto che la tempesta era
passata? Non si allontanava, si preparava a scatenarsi».
Scorsi Tressa quella sera a cena, e come ogni volta che la vedevo,
restavo poi a lungo sconcertatamente consapevole della sua
presenza.
Con quel tempaccio, erano venuti tutti nello stanzone della