Il Forte sul Fiume

sembrava prendersi beffe di noi. Mentre imprecando aspettavamo
che Dedalo decidesse come affrontare l'ostacolo, il giovane Artù,
allontanatosi dalla strada, scoprì un itinerario alternativo che,
secondo lui, ci avrebbe consentito di oltrepassare il groviglio
limitandoci a tagliare pochi arboscelli per dare spazio al carro.
Andai con lui a controllare e notai che aveva ragione. Esisteva
una specie di corridoio, stretto e serpeggiante, tra il pendio della
collina e un terrapieno artificiale formato dal pietrisco spostato dagli
ingegneri romani quando avevano costruito la strada. Ci vollero
circa due ore prima che, fradici di pioggia e gelati fino alle ossa
malgrado i nostri mantelli, potessimo ritornare sulla carreggiata
dopo esserci lasciati alle spalle, sopra di noi, il groviglio di rami.
Avevamo lavorato tutti insieme; perfino le donne erano venute ad
aiutare gli uomini che tiravano le corde per impedire che il carro
rotolasse giù dal pendio e si fracassasse sbattendo contro gli spuntoni
di roccia. Non perdemmo tempo a compiacerci dell'impresa, ma
rimontati in sella continuammo il viaggio. Al confronto di quel
primo ostacolo, gli altri tre in cui ci imbattemmo erano insignificanti.
Soltanto al crepuscolo di quella giornata grigia scorgemmo i
campi che fiancheggiavano la strada nelle ultime tre miglia fino a
Ravenglass e per ricevere una notizia che nessuno di noi si era
aspettato.
Le prime avvisaglie ci vennero da Artù e Bedwyr che cavalcavano
davanti a noi di un buon tratto. Nella pioggia battente li vedemmo
tornare di gran carriera, diritti sulle staffe, gridando a perdifiato per
richiamare la nostra attenzione.
«Uomini! Pirati!»
Recepii istantaneamente la notizia e senza esitazione, non
concedendo un attimo alla curiosità e alla sorpresa, affondai gli
speroni nei fianchi di Germanico. Mentre sentivo sotto di me
guizzare e tendersi i muscoli del grande cavallo nero e i suoi zoccoli
mandare scintille sulla strada lastricata, mi accorsi che mio fratello e
almeno due altri uomini mi seguivano. A un certo momento tirando
le redini e costringendo Germanico, fermato all'improvviso, ad
accucciarsi quasi sulle zampe posteriori, aguzzai lo sguardo per
cercare di capire quello che vedevo attraverso il velo di pioggia.