Il Forte sul Fiume

veniva dalla mescolanza di sangue infetto e sangue sano, seppure
non fosse certo del perché quella commistione potesse essere
pericolosa. Una volta aveva trovato, e acquistato, un antico trattato
sull'argomento, mi aveva detto, un rotolo di pergamena scritto molti
anni prima da un illustre medico e studioso, ma non lo aveva mai
esaminato; non aveva neppure mai avuto il tempo di leggerlo
dall'inizio alla fine. Glielo aveva ricordato l'accenno alla circostanza
che il mio sangue si era mescolato con quello di Mordechai. Si
sarebbe adoperato per rintracciare l'antico testo, aveva promesso, e
vagliarne il contenuto, ma lo aveva invano cercato, incapace di
ricordare che cosa ne avesse fatto o perfino quando lo avesse visto
l'ultima volta. Soltanto dopo averlo consultato, Lucano avrebbe
formulato una diagnosi sul mio stato di salute. Fino a quel
momento, sulla mia testa, simile a una spada di Damocle, avrebbe
continuato a incombere la minaccia della lebbra.
La malattia che io ero comunque convinto di aver contratto non
era di per sé fatale come nella mia ignoranza avevo sempre creduto.
Era un morbo devastante, orribilmente devastante, che comportava
la graduale degradazione delle dita, degli arti, delle fattezze del viso,
ma non provocava la morte, tranne che nei casi disperati quando il
malato moriva di fame perché incapace di nutrirsi.
Lebbra! Sebbene il pensiero fosse rivoltante, mi trovai
incredibilmente a sorridere al pensiero di come avrebbe reagito
Derek se gliene avessi parlato.
Raggiunto il limitare della zona boscosa, eravamo sul punto di
imboccare il sentiero fiancheggiato dai muretti di pietre allineati
lungo i campi coltivati. Con un brontolio Derek si raddrizzò in tutta
la sua statura, tirando bruscamente le redini per fermare il cavallo e
allungando il collo per guardare sulla sinistra della barriera di sassi. Si
fermò anche il mio cavallo, ma Derek aveva ripreso ad avanzare
lasciando il sentiero e addentrandosi sul terreno impervio tra gli
alberi. Incuriosito lo seguii; procedevamo lentamente perché i cavalli
saggiavano il terreno insidioso e irregolare prima di avventurarsi a
posare gli zoccoli.
«Per tutti i santi!» brontolò Derek. «Guarda la stazza di quel
maledetto!»