Il Forte sul Fiume

messi. Affiorano alla superficie ogni inverno. La gente impiega mesi,
anno dopo anno, a trascinarle qui; e l'anno successivo ecco che ne
abbiamo un nuovo raccolto. Non si finisce mai. Va avanti da ben
prima che arrivassero i Romani.»
Guardai le pietre ammassate sulla mia destra; in alcuni casi il
cumulo mi sopravanzava in altezza. «Da più di quattrocento anni!»
«Di più. La nostra gente coltiva questi terreni da molto più
tempo.»
«Succede lo stesso sull'altro versante della valle?»
«È lo stesso dappertutto.»
«Non capisco... hai detto che non avevate la pietra per costruire?»
Derek mi lanciò un'occhiata sprezzante. «Ho detto che non
avevamo la pietra adatta. Mi riferivo all'arenaria, alla pietra che si
estrae dalle cave, che può essere tagliata e lavorata. Gran parte di
quella che vedi qui è inservibile: blocchi troppo piccoli e friabili...
sarebbe un lavoro enorme. Sbrighiamoci.»
Dall'altra parte della barriera gli alberi tornavano a infittirsi; il
sentiero ci condusse sulla cima del colle che, subito dopo la vetta,
precipitava con un'alta parete scoscesa. Al di là si schiudeva un'altra
valle, ricca di alberi, e sulla sinistra si apriva il mare.
Derek rimase immobile per qualche momento a contemplare il
paesaggio, quindi smontò e legò il cavallo, facendomi cenno di
seguirlo fino a una sporgenza erbosa sull'orlo di un burrone. Si
sedette appoggiando comodamente la schiena al tronco di un
albero. Mi sedetti al suo fianco, tra due cespugli che crescevano sul
pendio della collina. Per un bel pezzo rimanemmo in silenzio,
guardando la valle e socchiudendo gli occhi nel fulgore del lontano
mare scintillante, ciascuno di noi, ne sono sicuro, componendo nella
sua mente le parole più efficaci per inquadrare i concetti ed esporli in
modo convincente. Eravamo andati lì per riflettere e discutere, non
soltanto per fare una passeggiata e ammirare il paesaggio. La voce di
Derek interruppe i miei pensieri.
«Sant... sant... che parola hai usato?»
«Santuario.»