Il Forte sul Fiume

popolo. Se di questo se ne accorge un ragazzo come me, se ne
accorgerà chiunque si prenda la briga di osservare.»
Tornai a sedermi sospirando e, presa la coppa di vino, bevvi fino
in fondo. «La debolezza si presenta in molte guise, Artù, ma temo
che tu abbia ragione. Prego che nessuno abbia la tua capacità di
giudizio. L'autorità di Derek non conosce ancora oppositori ed è
benvoluta. Speriamo che così sia a lungo.»
Artù sorrise con espressione fanciullesca. «In quanto uomo con il
senso dell'onore, è tuo dovere, comandante Merlino, adoperarti a
che nulla cambi.»
«Sì, c'è voluto un bambino per farmelo capire e di questo non ti
ringrazio. Bene, abbiamo finito o hai ancora qualche prezioso
insegnamento da impartirmi?»
Sorrideva ancora. «No, abbiamo finito. Grazie per avermi
ascoltato, Merlino.»
«Non mi hai quasi lasciato aprire bocca: che altro potevo fare?
Che cosa passa in quella tua possente mente?»
«Merlino, sarò mai un capo?»
«Lo sai bene che sarà così. Comanderai sugli uomini di Camelot e
di Cambria, il regno di tuo padre. Perché me lo chiedi?»
«Perché voglio decidere come garantirmi che nessuno si arroghi il
diritto di usare il mio nome e di invocare la mia autorità ai propri
fini senza che io ne sia al corrente. Sarà difficile.»
«Sì, molto difficile.»
«Se sarò un capo a Camelot e un re in Cambria, lo sarò di fatto
non solo di nome. Emanerò leggi e ne esigerò l'osservanza; il mio
popolo dovrà vivere senza paura, così come oggi a Camelot.»
Mi trovai a sorridere quando finì di parlare. «Credo che ci
riuscirai, Artù, a condizione che ti circondi di uomini di valore. Ti
riprometti anche che vivano nella fiducia della giustizia?»
«Certamente.» Non c'era traccia di sorriso sul suo viso in quel
momento.
«Ottimo! Magnifico! Spero di poter essere lì ad aiutarti. Andiamo