Il Forte sul Fiume

«Quasi. Non conosco l'uso di ogni cosa che si trova qui dentro,
ma tutte le sostanze che ho identificato portano la morte in un
modo o nell'altro, e di solito dopo lunga agonia.»
«Mi mostrerai come si usano?»
«In parte. Ti mostrerò quelle che ho identificato, ma non
dimostrerò certo il loro effetto mortale per il tuo divertimento.
Dovrai accontentarti della mia parola.»
«E dici che molte cose non le hai ancora esaminate? Ma come hai
fatto a trattenerti? Non sei curioso? Io le avrei già tirate fuori tutte
fino all'ultima. Come fai a essere così disciplinato? Sei davvero
incredibile, Merlino.»
«Devi sempre chiamarmi Cay, ricordi?»
Mi guardò, leggermente irritato. «Sì lo ricordo, ma adesso siamo
soli, e tu per me sei sempre stato Merlino.» Abbassò il capo. «Mi è
scappato. Non succederà più. Ma non mi hai ancora detto cos'è il
dilemma.»
«Non lo indovini? Non riesco a decidere se distruggerle o
continuare a studiarle.»
Non esitò un istante. «Dovresti studiarle, naturalmente. E poi,
anche se volessi distruggerle, come faresti?»
«Alcune le brucerei, anzi, a dire il vero la maggior parte. Altre
potrei decidere di seppellirle, o diluirle fino a che diventino
innocue.»
Artù avvicinò lo sgabello al tavolo. «Mostramele, ti prego.»
Una alla volta, gli mostrai le sostanze della cassa più grande che
avevo identificato. Cominciai dalle scatole di creta con la pasta
verde, che uccideva tra bruciori atroci chi venisse ferito da una lama
spalmata di quella crema mefitica. Era quello il veleno, gli spiegai,
che i guerrieri di Lot avevano spalmato sulle punte delle loro frecce
nell'agguato a suo padre in Cornovaglia, e che io avevo poi usato
per giustiziare lo stregone Caspar, facendogli un taglio sulla fronte
con la stessa punta di freccia.
Artù ascoltava rapito, seguendo ogni movimento delle mie mani
mentre aprivo fiale, scatole e foglie più volte ripiegate, estraendone