Il Forte sul Fiume

correvano con le spade sguainate: dappertutto i segni di un'immane
tragedia e della rabbia indomita della natura.
E dappertutto remi che galleggiavano sulle onde come rami inerti;
sul ponte di poppa di una galea che spuntava sull'acqua si vedeva
una moltitudine di frecce, l'unica traccia che in quel massacro erano
stati travolti degli uomini.
Incapace di aprire bocca, con mani tremanti sciolsi le cinghie
dell'elmo e me lo tolsi. Derek mi fissava muto. Alla fine trovai
qualcosa da fare: mi misi a contare le galee distrutte. Arrivato a
quattordici e perso a quel punto il conto, emisi un profondo sospiro.
«Quante sono naufragate?»
Si strinse nelle spalle. «Ne abbiamo contate venti, ma forse sono
di più.»
«Quanti morti! Ce ne saranno ancora un centinaio nell'acqua.»
«Sì, quelli leggeri, senza armatura; gli altri, pesanti, sono affondati
e non più riemersi.»
«Che cosa è successo? Lo so, è stata la tempesta, ma che cosa ha
indotto il loro capitano ad accostarsi a riva in quelle condizioni?
Avrebbe dovuto ordinare alle sue navi di puntare verso l'alto mare.»
«L'avidità lo ha spinto, e il desiderio di vendetta. Ha pensato che
la tempesta fosse finita e che avrebbe potuto sorprenderci non
appena placatasi. C'è stato un momento la scorsa notte in cui il
vento è caduto e la tempesta ha taciuto. Abbiamo creduto che si
fosse sfogata. Ne eravamo convinti. Per tutto il giorno aveva
infuriato.»
Annuii alle sue parole. «Sì, lo abbiamo creduto anche noi nel
forte. Per parecchie ore il vento si è placato, è subentrata la calma e
tutto è stato tranquillo.»
Derek mi ascoltava appena e teneva gli occhi fissi sulla piatta isola
che nella baia si frapponeva tra Ravenglass e il mare aperto. Riprese
a raccontare a voce bassa, quasi parlasse a se stesso.
«Ripensando a quanto è avvenuto, ho la sensazione che tutti noi
abbiamo vissuto nell'intervallo tra due tempeste, e quando la prima
se ne è andata, la seconda ha riacquistato forza ed è esplosa più