Il Forte sul Fiume

quella sera, discussi con Donuil e Shelagh della successiva fase
dell'addestramento del ragazzo. Chiesi consiglio anche a Tressa, le
cui opinioni avevo ormai imparato a rispettare. Era una fase cruciale,
e volevo accertarmi personalmente che fosse pronto ad affrontarla.
Il primo passo doveva farlo Artù da solo. Non c'era posto, almeno
all'inizio, per le distrazioni che la presenza dei suoi amici avrebbero
causato, anche se non dubitavo che lo avrebbero seguito
nell'addestramento con le nuove armi, come lo seguivano in ogni
cosa.
Artù comparve all'ingresso della mia stanza a metà mattina del
giorno successivo, chiaramente curioso del motivo per cui era stato
convocato e con un sorriso leggermente diffidente sul viso. «Tressa
ha detto che mi volevi parlare.»
«Sì, entra, Artù.»
Entrò, guardandosi intorno, sempre con quel mezzo sorriso. Il suo
sguardo indugiò sulla spada di quercia appoggiata al tavolo al quale
ero seduto.
«Ho fatto qualcosa che non va?»
«Perché mai mi fai una domanda simile?»
Il suo sorriso si aprì un poco, ma senza perdere l'incertezza.
«Perché non dovrei? È molto tempo che non mi convochi in questo
modo, e l'ultima volta che lo facesti fu perché ero rimasto fuori dal
forte la sera, dopo l'orario consentito.»
«È vero, me n'ero scordato. No, Artù, non sei nei guai, perciò
tranquillizzati, e siediti.»
Si sedette, l'ombra sul viso subito dissolta, e attese che continuassi.
Passai qualche istante a guardarlo.
«Ieri Derek mi ha detto che hai avuto uno scontro con suo figlio.»
«Oh, Droc. Sì, è vero.»
«E che lo hai conciato ben bene.»
Parve imbarazzato. «Sì.»
«Hai usato la spada di quercia. Come?»
«In che senso?»