Il Forte sul Fiume

IX.
«Mi dichiaro sconfitto prima ancora che tu mi sfidi. Mi hai
battuto, lo confesso, manipolato, raggirato. Non riuscirò mai a
indovinare di che si tratta; posso quindi chiederti: che cos'è?»
Avevo smesso di muovermi non appena avevo sentito alle mie
spalle la voce di Ambrogio, e ora stavo immobile, leggermente
piegato in avanti, le braccia tese e le mani intorno a un'estremità del
bastone che avevo fatto oscillare. Ansimavo ancora per lo sforzo.
Sorrisi mentre mi figuravo le possibili reazioni di mio fratello a
quello che gli avrei detto. Inspirai profondamente e mi raddrizzai,
girandomi lentamente per trovarmi faccia a faccia con lui
lanciandogli l'oggetto che tenevo in mano. Lo afferrò con facilità e
lo tenne davanti a sé, impugnandolo con il braccio teso.
«Che cos'è a tuo avviso?» gli chiesi.
«Pare un pesante pezzo di legno, un ramo strappato a un vecchio
albero, senza corteccia e lasciato seccare, forse in un forno, quindi
ricoperto di incisioni. Ho la tentazione di definirlo un bastone lungo
e inutile, ma so che il fervido e onesto fratello Merlino non
perderebbe tempo con un'inezia del genere. Ti chiedo quindi di
nuovo: che cos'è?»
«Un bastone come hai detto.»
«Ah!» annuì con aria saputa. «Ma un bastone solido, un bastone
eccezionale, ti pare? Un bastone lungo e pesante.»
«Concordo su tutto. Ecco perché lo uso.»
«Capisco.» Annuì ancora, il viso grave, quasi sapesse quello di cui
parlavamo e la nostra conversazione fosse assolutamente razionale.
«Sì, capisco che un uomo di grande intelletto possa volere un
bastone così eccellente, solido e robusto, così fondamentalmente
utile. Ci si può appoggiare nel cammino, se si è infermi o vecchi.»
«Sì, se fosse più lungo, ma è troppo corto. È un bastone dopo
tutto, non una stampella. Non pensavo di usarlo per aiutarmi nel