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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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La collezione epigrafica del Museo Civico di Catania 11<br />

contiene il testo e il luogo di ritrovamento di alcune epigrafi catanesi. 22 Alla fine (f. 22r)<br />

Mongitore ha aggiunto che le descrizioni furono mandate da Amico il 2 febbraio 1735. Nella<br />

lettera vengono segnalati accuratamente i luoghi di ritrovamento e di conservazione delle<br />

iscrizioni. Non c'è accenno ad una raccolta epigrafica nel convento; la maggioranza delle<br />

iscrizioni vengono conservate nel convento dei Domenicani.<br />

Con la fondazione del museo, sembra che l'atteggiamento di Amico verso la<br />

provenienza delle epigrafi fosse cambiato. Nell'opera Catana illustrata, la raccolta epigrafica è<br />

compresa nel terzo volume uscito nel 1741. 23 Sono incluse in tutto circa 110 iscrizioni. Il<br />

metodo di Amico fu moderno: le iscrizioni che poteva vedere personalmente venivano<br />

controllate dalle stesse lapidi; le altre venivano prese dagli autori precedenti. Si tratta in<br />

principio di iscrizioni di Catania, conservate nel Museo dei Benedettini e in altre collezioni.<br />

Comunque, le indicazioni delle provenienze mancano piuttosto spesso. Mentre vengono<br />

indicati i luoghi di ritrovamento delle iscrizioni di cui fu mandata la notizia per Mongitore<br />

nel 1735 (vd. sopra), quando si tratta di epigrafi meno notevoli, in molti casi viene dato<br />

soltanto il luogo di conservazione. 24 Forse il materiale epigrafico fu portato da diverse parti<br />

della città, e non era sempre conosciuto il luogo di ritrovamento. A tal riguardo, è<br />

interessante il passo a pp. 224-25, a proposito di CIL X 7044: "Diffractus lapis sepulchralis in<br />

Area Stesichori anno MDCCXL, cum innumeris ferme aliorum fragmentis in locum unum<br />

agestis, defossus". Anche se Amico non dice che questi frammenti delle lapidi sepolcrali<br />

erano iscritti, questo sembra verosimile e può trattarsi dei frammenti segnalati nell'opera<br />

senza indicare il luogo di ritrovamento. 25 In tutto, è plausibile supporre che il volume di<br />

Amico abbia compreso tutte le iscrizioni locali – almeno quelle piuttosto intere – conservate<br />

nel museo da lui fondato. È difficile dire se questo vale anche per i frammenti: anche se ne<br />

vengono inclusi alcuni, altri potevano essere omessi. Dopo l'epoca di Amico, sono confluite<br />

nella collezione dei Benedettini le iscrizioni di alcune raccolte minori (capitolo 1.1.2). Vito<br />

Maria Amico ha inizialmente voluto scrivere anche un'appendice relativa alle iscrizioni, ma<br />

nel 1746, nell'ultimo volume di Catana illustrata, scrive di voler dedicare un intero volume alle<br />

epigrafi e alle monete delle collezioni catanesi, perché nel frattempo erano diventate troppo<br />

numerose. 26 L'opera non è, però, mai uscita.<br />

Per creare un buon museo delle antichità, comunque, non erano abbastanza i materiali<br />

22 Sono 16 (CIL X 7019), 51 (CIL X 7046), 86 (CIL X 7066), 187 (IG XIV 536), 207 (CIL X 7119) e CIL X 7035. – Anche il<br />

f. 17 = 18 sembra essere della mano di Amico.<br />

23 Come dico a n. 20, gli esemplari del volume sono di solito stati stampati nel 1741 e contengono una dedica al<br />

Senato cittadino datata alle Idi di maggio del 1741 (pp. 3-4) (così anche la copia della Biblioteca Vaticana).<br />

Comunque, la copia utilizzata dal Mommsen conteneva una dedica a Ignazio Biscari datata al febbraio del 1744<br />

(vd. CIL X p. 721; vd. anche sotto p. 16 con n. 43). Vista la complessa storia editoriale dell'opera (vd. n. 20), sembra<br />

che si possa ipotetizzare l'esistenza di una ristampa del 1744 ca. (Mommsen data il volume III tra 1741 e 1746, CIL<br />

X p. 721). Visto che Mommsen ha evidentemente consultato l'opera a Catania, potrebbe trattarsi di una copia<br />

stampata in particolare per la biblioteca di Ignazio Biscari. In ogni caso, il volume stesso è uscito per la prima volta<br />

nel 1741.<br />

24 Così, ad es., i frammenti 168 e IG XIV 470, 514, 516, 533 (= 184), 555, 559 (= 210), 560-563, 566.<br />

25 Mommsen pensava che i frammenti fossero urbani (cfr. sotto, p. 62), ma questa assunzione sembra poco<br />

ragionevole.<br />

26 Amico 1740-46, vol. III (1746), p. "Index": "De Inscriptis Lapidibus Appendicem, quam promiseram, in aliud<br />

distuli tempus; quum enim, tum in S. Nicolai Museo, tum in altero Ignatii Paternionii nimium illi excreverint,<br />

peculiari libro, quo de hisce Museis fusè agere est in animo, eosdem unà cum aliis vetustatis monumentis, ac<br />

numismatis noviter inventis dabimus."

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