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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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La collezione epigrafica del Museo Civico di Catania 65<br />

da considerare probabilmente catanesi. 258 Il caso dell'epigrafe collocata tra le napoletane, IG<br />

XIV 805, è più spinoso, e sarà discusso a p. 132. Nel fare la distinzione tra epigrafi catanesi e<br />

quelle provenienti da altri luoghi della Sicilia, Kaibel è molto prudente: sottolinea che non è<br />

completamente vero il commento di Mommsen "Siculum non Catanensem musea illa vix<br />

ullum receperunt" (cfr. p. 54), ma continua, in un modo che mi pare ragionevole, "tamen cui<br />

potius urbi adscribamus quam Catinae dici nequit".<br />

1.7. Dalla fine dell'Ottocento al presente<br />

1.7.1. LA FONDAZIONE DELL'ANTIQUARIUM COMUNALE<br />

La collezione dei Benedettini, che ancora durante l'Ottocento era stata arricchita da nuovi<br />

materiali epigrafici, venne consegnata al comune di Catania nel 1868, e riaperta negli stessi<br />

locali come "l'Antiquarium comunale". 259 Verso il 1880 venne visitato da Hermann Dessau<br />

che fece gli ultimi controlli per gli additamenta del CIL X. Egli segnala l'epigrafe al nr. 41 (CIL X<br />

8312), rimasta fino ad allora inedita. Più notevole è che vide anche il nr. 91 (CIL X 7103, cfr. p.<br />

992), proveniente dalla collezione Recupero, che Mommsen aveva prima dovuto pubblicare<br />

in base alla lettura di Ferrara. Ciò significa che le cinque iscrizioni della collezione Recupero<br />

che abbiamo trovato nel Museo Civico (vd. p. 58) erano arrivate.<br />

Alla stessa epoca, l'Antiquarium fu visitato da Carlo Stevenson junior (1854–1898),<br />

come appare dal codice Vaticano latino 10574. 260 Oltre alle due epigrafi segnalate da Dessau,<br />

il suo codice conserva, nei ff. 161-171, quasi una ventina di altre epigrafi. Sono incluse<br />

autentiche e copie, di cui molte si conservano ancora nel Museo Civico. Alcune, invece, sono<br />

state perdute, una delle quali viene pubblicata qui, al nr. 18. Si può menzionare anche il<br />

frammento sinistro, perduto, del nr. 92 (IG XIV 468); Kaibel aveva visto soltanto il frammento<br />

destro. Degne di menzione sono anche le iscrizioni "scoperte recentemente nei bagni sotto la<br />

Cattedrale" (f. 162r), frammenti verosimilmente pubblici, che non mi risultano pubblicati.<br />

Stevenson è il testimone più antico per il frammento al nr. 33.<br />

Stevenson vide anche il nr. 181 (IG XIV 556), un'altra iscrizione con una storia<br />

interessante. Ritrovata nelle vicinanze di Piazza Stesicoro, era appartenuta alla collezione di<br />

G. Alessi (1774-1837), che l'aveva pubblicata nel 1833. Negli anni Sessanta del secolo era stata<br />

conservata nell'Università di Catania. 261 È notevole che un'altra epigrafe con una storia fino a<br />

questo punto esattamente simile, IG XIV 548, sia finita nel Museo di Palermo, 262 come anche<br />

CIL X 7075 = IL Mus. Palermo 2, proveniente dalla collezione di Alessi.<br />

258 Anche se il Kaibel non lo dice, mi sembra che uno dei motivi per ritenere le iscrizioni urbane siano stati i<br />

cognomi derivati dalla parola urbs (OÈrbanã e OÈrbikÒw in 124 e 140), o i cognomi genericamente latini, come<br />

Katulle›now (Catullinus, 68) e Merkouriãlhw (Mercurialis, 110).<br />

259 D'Agata – Guastella 2000, 14. Cfr. Mommsen, CIL X p. 721: "Museum Benedictinorum … hodie publicum<br />

factum".<br />

260 Il codice, a cui ha accennato anche A. Ferrua, è stato segnalato definitivamente da M. Buonocore, Epigraphica<br />

48 (1986) 179-80.<br />

261 A. Mavilla, Giornale dell'Accademia Gioenia 1865, 151 (cit. da Ferrua 1989, 116 nr. 444).<br />

262 IG Mus. Palermo 8. Secondo Ferrua 1989, 116 nr. 444, Mavilla (cit. a n. precedente) segnala anche questa<br />

epigrafe come conservata nell'Università.

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