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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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64 Kalle Korhonen<br />

dovette cercare le epigrafi cristiane in maniera frettolosa, e in alcuni casi pubblicare la lettura<br />

data da Amico o da Torremuzza invece di quella della lapide stessa. 254 Evidentemente era<br />

noto il valore problematico di Ferrara come testimone indipendente, perché Kaibel non lo cita<br />

sistematicamente, omettendo molti riferimenti, e quindi anche due delle nostre epigrafi, già<br />

pubblicate dal catanese, non venivano incluse nelle IG. 255<br />

Riguardo al Museo Biscari, dopo Kaibel seguirà ancora il lavoro di Guido Libertini<br />

(vd. sotto), che pubblicherà alcune greche inedite, completando forse la pubblicazione di<br />

praticamente tutte le epigrafi nella collezione Biscari. Ma il corpus di Kaibel rimase l'ultimo<br />

lavoro sistematico sulla collezione dei Benedettini. Perciò, e vista la trascuratezza di Torremuzza<br />

e Ferrara, è in molti casi difficile dire se un'epigrafe greca cristiana inedita del Museo<br />

Civico sia arrivata nella collezione dei Benedettini nel Settecento, o nel suo successore,<br />

l'Antiquarium comunale, agli inizi del Novecento. Per quel che concerne le iscrizioni pagane<br />

forse possiamo, comunque, assumere che praticamente tutte conservate all'epoca nella<br />

collezione dei Benedettini, fossero viste e pubblicate da Kaibel. Qui si può anche segnalare il<br />

fatto che nell'opera di Kaibel manca ogni accenno alle copie "gallettiane" greche, a dire il vero<br />

poche (509–511, 550); una sola viene segnalata da Mommsen.<br />

Kaibel presenta in un modo assai limpido i suoi criteri di collocazione delle epigrafi.<br />

256 Era naturalmente conscio del fatto che molte iscrizioni conservate nei musei catanesi<br />

erano state importate, ma nelle testimonianze sulla provenienza urbana mancavano quasi<br />

completamente le iscrizioni greche. La notevole e problematica eccezione era 108 (IG XIV<br />

490), segnalata nei fogli "anonimi" del codice Marucelliano A 77. Kaibel considerava, credo a<br />

ragione, la provenienza certamente siciliana; è intelligente il suo commento sul valore del<br />

codice: "urbani lapides quin Catinensibus intermixti fuerint dubitari omnino nequit". Nel fare<br />

la distinzione tra iscrizioni siciliane e non siciliane, contavano per lui soprattutto la formula<br />

xrhst¢ ka‹ êmempte xa›re e le forme romboidali delle lettere. Mommsen aveva in principio<br />

collocato le iscrizioni segnalate da Amico, ma senza il luogo di ritrovamento esatto, tra le<br />

urbane (cfr. p. 62). Questo metodo fu criticato da Kaibel, in base all'erronea integrazione di IG<br />

XIV 470, in cui leggeva la formula suddetta (ma in realtà è cristiana, con un altro formulario,<br />

vd. p. 111 n. 442), ma anche perché, secondo lui, "multa sunt titulorum fragmina, qualia ipse<br />

Mommsenus recto iudicio usus negat ab Siculis hominibus Romae vel Neapoli empta esse".<br />

Questo atteggiamento riguardo ad Amico sembra piuttosto prudente (cfr. p. 11 n. 25). Kaibel<br />

usa talvolta anche l'argomento onomastico (il gentilizio Vipsanius), e accetta la proposta di<br />

Mommsen di vedere le manifestazioni del bilinguismo come argomenti a favore della<br />

provenienza siciliana; assume, inoltre, che le iscrizioni non precedentemente pubblicate del<br />

Museo Biscari fossero probabilmente catanesi.<br />

Lo studioso ha, quindi, concluso: "itaque … numero sex inter Romanos relegare ausus<br />

sum, inter Neapolitanos unum". 257 Il pensiero di Kaibel sui formulari tipici a Catania era<br />

comunque limitato, come apparirà sotto: cinque delle sei iscrizioni urbane sono a mio avviso<br />

254 Così, ad esempio, IG XIV 515 (158), 523 (172), 532 (182), 533 (184), 540 (178), 541 (177), 544 (202), 559 (210) e 565<br />

(214).<br />

255 N.ri 201 e 215.<br />

256 IG XIV pp. 116-17, dalle quali provengono tutte le citazioni in questo paragrafo.<br />

257 Le iscrizioni urbane diventarono IG XIV 1529 (nr. 243), 1725 (vd. p. 132), 1745 (nr. 68), 1852 (110), 1919 (140) e<br />

1981 (124); la napoletana IG XIV 805 (vd. p. 132). Nel numero "sex" non è inclusa IG XIV 1508 (358), di provenienza<br />

urbana accertata dallo Scammacca.

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