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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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388 Kalle Korhonen<br />

Scammacca. Ritrovato in Inghilterra, l'originale venne poi pubblicato come il nr. 34139. Era<br />

stato trovato nel 1742 ca. e comprato da H. Walpole.<br />

503. Inv. 596 (Sala VII, 240). Magazzino superiore. Collezione Biscari.<br />

Lastra marmorea. Retro lavorato. 16 x 33 x 2,6; alt. lett. 1,7-2. Mano A. Scrittura continua. Lettere poco<br />

profonde. 3: Cavità profonda tra CI e BE.<br />

clavdivs alesander / remmiae daphe feci / concvci bene merent / et sibi<br />

Copia e unica testimonianza diretta di CIL VI 34856; CIL X 1089*, 65. Ferrara 1829, 430 nr. 5. – 3: MERENTI<br />

Mommsen.<br />

Non ci sono problemi nella ricostituzione del testo; è corretta quella proposta nel CIL VI<br />

(Claudius Alexander Remmiae Daphne fecit coniugi bene merenti et sibi).<br />

504. Inv. 629 (Sala VII, 273). Magazzino superiore. Collezione Biscari.<br />

Lastra marmorea di forma irregolare. La copia è stata incisa sul retro dell'iscrizione frammentaria nr.<br />

255. 15 x 28 x 2; alt. lett. 1,7-2,5. Mano B, ma con apicature. Scrittura continua nella r. 3.<br />

d m / fortvnato bene / mere qvi vix a xxii<br />

Copia e unica testimonianza diretta di CIL VI 35324; CIL X 1089*, 104. Torremuzza 1769 1 , 172 nr. 49; 1784 2 , 183 nr.<br />

57 (da I. Biscari, cfr. sopra, p. 45); Ferrara 1829, 414 nr. 6. – L'interpunzione indicata da Mommsen non c'è.<br />

In base alla copia, non si può dire se il nesso bene merenti era abbreviato o scritto per<br />

intero nell'archetipo.<br />

505. Inv. 509 (Sala VII, 153). Magazzino superiore. Collezione dei Benedettini.<br />

Lastra marmorea. Retro liscio, ma nella parte superiore i resti di una cornice modanata. 45 x 35 x 2,1;<br />

alt. lett. 2,4-3,6. Mano A. Scrittura continua.<br />

d m / m·p helvidi cari / lvidivs pistvs / et oiae hcone / 5 parentes dvlc/issime fecervn<br />

/ ottimo aqve ch/arissimo vixt ann / xxx et svis posterisqe<br />

Copia di CIL VI 35425; CIL X 1089*, 111. P. Scammacca, Cod. Maruc. A 77 f. 145r. – 4 ETOIA EHCANE Mommsen<br />

(e Scammacca); la quarta lettera è una forma intermedia tra I e T; cfr. sotto.<br />

L'unica altra testimonianza diretta dell'originale è una copia della stessa epoca, vista<br />

dagli editori del CIL VI nel Palazzo Rinuccini a Firenze. Nella ricostituzione del testo il<br />

problema più grande è il nome della madre del defunto. Secondo CIL VI, nella nostra copia si<br />

legge ETOIA EHCANE, in quella di Firenze ETOIA EHCONE (ma forse la lettura della copia<br />

catanese viene qui data per quella fiorentina, e vice versa?). ET è almeno il congiuntivo, e il<br />

cognome fu probabilmente Hedone. Resta OIA per la fine del gentilizio della donna,<br />

probabilmente -dia; sembra che l'archetipo fosse frammentario. È pensabile Helvidia, proposto<br />

nel CIL VI, visti i gentilizi dei due uomini, ma non possiamo escludere gli altri nomi in -dia<br />

dal numero delle possibilità.<br />

506. Inv. 472 (Sala VII, 116) (fr. s.); 523 (Sala VII, 167) (fr. d.). Magazzino superiore. Collezione Biscari.<br />

Lastra marmorea ricomposta da due frammenti, mutila nell'angolo inferiore sinistro. 23,5 x 34 x 2,2; alt.<br />

lett. 2,2-3. Mano A. Scrittura continua.<br />

d m / nicephoro / con cossvti / bassi vixit a/ 5nnis xxvii<br />

Copia e, con la copia seguente, l'unica testimonianza di CIL VI 35916; CIL X 1089*, 148. Ferrara 1829, 430 nr. 10. – 5:<br />

La prima lettera, vista da Mommsen, è stata sottolineata.<br />

L'archetipo, finora non ritrovato, fu l'epitaffio di un Nicephor Cn. Cossuti Bassi.

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