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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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12 Kalle Korhonen<br />

catanesi. Come in moltissime altre collezioni dell'Italia create alla stessa epoca, già nella fase<br />

di fondazione del Museo dei Benedettini cominciava l'importazione delle iscrizioni da Roma.<br />

Il collaboratore efficiente in questa attività fu Placido Scammacca. La sua attività in rapporto<br />

con la collezione verrà discussa in dettaglio nel capitolo 1.3.<br />

Sempre in linea con l'ideologia del collezionismo, la motivazione dell'importazione<br />

delle iscrizioni non era didattica: l'intenzione non era fare confronti tra l'epigrafia locale e<br />

quella urbana. Il materiale importato veniva considerato come parte del patrimonio locale. A<br />

questo proposito, è illuminante quello che scrive Amico (1741, 220), commentando la prima<br />

iscrizione di un gruppo che probabilmente è tutto importato: "In S. Nicolai de Arena museo<br />

asservatur hodie inter complures vetustos lapides cum Catanae defossos, tum ex aliis<br />

partibus eò illatos, q u o s m e r i t o C a t a n e n s i b u s la p i d i b u s a c c e n s e m u s " (l'accentazione<br />

è mia). Il gruppo contiene otto iscrizioni, di cui sette autentiche e una copia di un'iscrizione<br />

antica. 27 Per tutte le autentiche, tranne il nr. 337, gli autori contemporanei affermano la<br />

provenienza urbana; e anche 337 sembra urbana in base ai criteri interni. Nelle pagine 226-27<br />

e 234-35 dell'opera vengono segnalate anche alcune altre iscrizioni conservate nel Museo dei<br />

Benedettini, tutte cristiane, di cui sappiamo in base ad altre fonti che sono urbane. 28 Mi<br />

sembra verosimile che non ci fossero altre iscrizioni urbane nella collezione dei Benedettini<br />

quando Amico finì la preparazione del terzo volume della sua opera. L'opera di Amico<br />

contiene in tutto tre copie c. d. "gallettiane" delle iscrizioni antiche; il ruolo di Amico<br />

nell'importazione delle copie verrà discusso nel cap. 1.3.4.3.<br />

1.2.1.2. Collezioni minori confluite nel Museo di S. Nicolò<br />

Ancora all'epoca di cui testimonia il libro di Amico esistevano alcune piccole collezioni di<br />

epigrafi, confluite più tardi soprattutto nel Museo dei Benedettini: le raccolte dei Domenicani,<br />

di Roccaforte e di Villermosa. Sulle collezioni dà testimonianza anche Antonio Pantò, giurista<br />

palermitano, un contemporaneo di Amico. Si tratta di schede mandate negli anni Trenta del<br />

Settecento a L. A. Muratori, che in seguito vennero pubblicate nella raccolta del medesimo<br />

(Muratori 1739-42); le epigrafi non pubblicate dal Muratori sono state pubblicate nel CIL, in<br />

base ai suoi manoscritti. 29<br />

Della stessa fase di collezionismo raccontano evidentemente alcune iscrizioni catanesi<br />

incluse tra le collectanee di Antonio Francesco Gori (1691–1757). Si tratta di fogli 442 e 456<br />

dell'immenso codice Marucelliano A 6. I fogli non hanno una parentela con le altre sezioni del<br />

manoscritto. 30 Il f. 456 contiene, secondo il titolo, iscrizioni "trovate in Catania"; la fonte viene<br />

nominata "Arrigoni". 31 Evidentemente si tratta di Francesco Arrigo, filosofo, medico e<br />

giurista (1695–1762 o 1774). 32 Il foglio contiene una decina di iscrizioni copiate dalla mano di<br />

27 Amico 1741, 220-24 n.ri 20-27 (qui n.ri 280 = CIL VI 15429, 311 = VI 22728, 262 = VI 11624, 299 = VI 20707, 264 =<br />

VI 12047, 277 = VI 15001, 448 = copia di CIL VI 18157 e 337 = CIL VI 27904).<br />

28 350, 351, 354 e 361 = ICUR 2686, 2687, 2691, 9081. Per l'ultima, abbiamo la testimonianza di Marangoni; le altre<br />

sono urbane visto che furono segnalate da Scammacca (vd. cap. 1.3.2).<br />

29 Non ho visto le schede.<br />

30 Un'altra sezione del codice sarà discussa sotto, pp. 21-22.<br />

31 In base alla fotocopia del microfilm non ho potuto decifrare il resto del titolo. Leggo alla prima riga: "… F`.<br />

Arrigoni - riferite nell'Annale VI. Cat"; la seconda riga è, invece, chiara: "trovate in Catania".<br />

32 Vd. Ferrara 1829, 501; V. Percolla, Biografie degli uomini illustri catanesi del secolo XVIII, Catania 1842, 373. Kaibel<br />

lo chiama "Arrigonius medicus" (vd. il suo commento a IG XIV 499).

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