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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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66 Kalle Korhonen<br />

Dell'attività archeologica produttiva di Paolo Orsi (1859–1935), direttore del Museo di<br />

Siracusa, testimoniano sei iscrizioni conservate nel Museo Civico (78, 87, 167, 171, 186, 196),<br />

provenienti da diverse parti della città e pubblicate nelle Notizie degli scavi negli anni 1915 e<br />

1916. Il medesimo Orsi pubblica, oltre ai graffiti importanti dall'ipogeo di Via Vittorio<br />

Emanuele (in collaborazione con A. Sogliano), 263 una trentina di altre epigrafi ritrovate a<br />

Catania, molte frammentarie, nei volumi delle NSA. 264 È possibile che nuove epigrafi siano<br />

arrivate in questa epoca nell'Antiquarium anche dagli scavi dell'anfiteatro. 265<br />

Per quel che concerne i luoghi da dove provenivano le iscrizioni accolte in questo<br />

periodo nell'Antiquarium, è lecito assumere che si tratti soprattutto di ritrovamenti nella zona<br />

di Catania. Mentre epigrafi ritrovate nella Sicilia orientale potevano finire anche nel museo<br />

principale della zona, quello di Siracusa (cfr. n. 264), nei musei locali arrivava soltanto il<br />

materiale strettamente locale.<br />

1.7.2. LA FINE DEL MUSEO BISCARI E IL CATALOGO DI LIBERTINI<br />

La fine del Museo Biscari, rimasto praticamente immutato dopo la morte di Ignazio Biscari<br />

per un secolo e mezzo, comincia tra 1927 e 1930, quando il principe Roberto e molti degli altri<br />

eredi fanno donazione delle quote loro spettanti del Museo al Comune di Catania. 266 Alla<br />

stessa epoca esce finalmente un catalogo stampato del Museo Biscari, a cura di Guido<br />

Libertini (1888–1953), con un sistematico ordinamento del materiale archeologico. Libertini<br />

inizia il progetto nel 1925, quando il museo si trova in uno stato di abbandono: "i due vaghi<br />

cortiletti interni erano ridotti ad una sterpaia, nei corridoi semibui gli oggetti erano ricoperti<br />

di polvere o di muffa, le vetrine si presentavano tarlate e cadenti, talune delle mensole erano<br />

precipitate". 267 Come afferma l'archeologo, anche dopo quasi due secoli di esistenza del<br />

Museo Biscari, "pochi pezzi [avevano] avuto una trattazione scientifica". 268 Il Museo era<br />

allora nella fase di transizione: dopo alcuni anni, il materiale sarebbe stato trasferito nel<br />

nuovo Museo Civico.<br />

Dal punto di vista dell'epigrafista, però, il catalogo di Libertini è deludente. Evidentemente<br />

a causa del grande numero delle iscrizioni poco notevoli e delle copie, Libertini<br />

pubblica prima di tutto alcune iscrizioni incise su urne e sarcofagi; delle epigrafi su lastre<br />

soltanto quelle che considera inedite, perché "sono per la maggior parte edite dal Mommsen e<br />

dal Kaibel"; secondo lui, il numero delle iscrizioni è in tutto 204. 269 Visto che questa edizione<br />

ne comprende 260 ca., forse Libertini ha escluso le copie. Come si è detto in precedenza (p.<br />

44), Libertini utilizza anche il catalogo manoscritto settecentesco del Museo Biscari, ora<br />

perduto, ma lo cita in pochi casi. Tra le iscrizioni latine inedite sono finiti molti frammenti<br />

263 Orsi 1918, 53-64.<br />

264 Orsi 1893, 388-89 (finite probabilmente nel Museo di Siracusa, cfr. Ferrua 1989, 107 nr. 411); NSA 1897, 240-42;<br />

Orsi 1915, 215-20; id. 1918, 61-63.<br />

265 Secondo Wilson (1996, 167), F. Fichera, che descrive lo scavo dell'anfiteatro in ASSicOr 1 (1904) 119-21 e 2<br />

(1905) 66-72, segnala il ritrovamento di iscrizioni, ma non le pubblica.<br />

266 D'Agata – Guastella 2000, 12.<br />

267 Libertini 1930, XXIII.<br />

268 Libertini, cit.<br />

269 Libertini 1930, 315.

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