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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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48 Kalle Korhonen<br />

Torremuzza comprende più della metà delle copie nella collezione Biscari (42, secondo i miei<br />

calcoli), ma soltanto 16 copie dei Benedettini, di cui tre prese dall'opera di Amico (1741).<br />

Vengono, quindi, omesse un centinaio di copie conservate in quest'ultima collezione. Anche<br />

se Torremuzza trascura anche quasi la metà delle iscrizioni autentiche della collezione (vd.<br />

sopra), mi sembra verosimile che le omissioni delle copie siano dovute ad Amico, che forse<br />

già in questa fase aveva una più grande capacità di distinguere le epigrafi autentiche dalle<br />

copie (cfr. p. 33). Quindi, Amico avrebbe schedato per il Torremuzza soltanto una piccola<br />

parte delle copie. Il Biscari, invece, che forse non aveva a disposizione una persona capace di<br />

fare la distinzione, ha spedito un numero più grande di copie al palermitano.<br />

1.4.3. LE ALTRE NUOVE ACQUISIZIONI DEL MUSEO<br />

Iscrizioni siciliane arrivarono nel Museo durante tutto il corso della vita di Ignazio Biscari. Il<br />

Museo fu sistemato definitivamente tra il 1776 e il 1786; le epigrafi furono esposte soprattutto<br />

nella galleria dei marmi. 177 Nel 1779 il principe fu nominato il Regio Custode con il compito<br />

di soprintendere agli scavi e alle antichità del Val di Noto e del Val Demone, cioè di tutta la<br />

Sicilia orientale. 178 La Custodia della parte occidentale dell'isola (Val di Mazara) fu affidata al<br />

principe di Torremuzza. In questo periodo il Biscari scrive due descrizioni di monumenti<br />

antichi siciliani, delle quali il Viaggio per tutte le antichità della Sicilia, stampata nel 1781 (=<br />

Biscari 1781), comprende tutta l'isola. L'altra, Relazione delle Antichità del Regno di Sicilia<br />

esistenti nelle due Valli di Demona, e di Noto, scritta nel 1779 e rimasta inedita fino agli ultimi<br />

anni, si limita alla zona sotto la custodia del principe. 179 Nelle due opere, importanti dal<br />

punto di vista archeologico, vengono segnalate poche epigrafi, soprattutto greche e delle<br />

epoche classica ed ellenistica; il testo non viene quasi mai citato. 180 Per quanto riguarda le<br />

collezioni catanesi, nel Viaggio, il principe menziona IG XIV 588, di Agira (a p. 49); nella<br />

Relazione, viene dato il parziale testo dell'epigrafe al nr. 237 (= CIL X 7013; f. 135).<br />

Una delle iscrizioni del Museo Biscari pubblicata soltanto nella seconda edizione di<br />

Torremuzza (vd. sopra), il nr. 125 (CIL VI 25488), porta la scrittura poco leggibile "Catania<br />

Ricarcacia", databile a mio avviso al Settecento o all'Ottocento. La stessa scritta è anche in 155<br />

(IG XIV 511), pure proveniente dal Museo Biscari, di cui la segnalazione più antica risale a<br />

Kaibel. Credo che sia da collegare con i baroni di Recalcaccia, visto anche che Nicola, fratello<br />

di Ignazio Biscari, fu barone di Recalcaccia. Non credo che sia posteriore a Mommsen e<br />

Kaibel, anche se pare strano che Kaibel non segnala la scrittura sull'epigrafe 155. Mi pare<br />

verosimile che come 125, anche 155 appartenga alle nuove accessioni del Museo Biscari<br />

arrivate soprattutto dopo la pubblicazione della prima edizione di Torremuzza.<br />

Sopra, a p. 15, ho accennato al fatto che la collezione epigrafica siciliana dei Benedettini<br />

comprendeva praticamente soltanto iscrizioni catanesi. Era diversa la collezione Biscari,<br />

nella quale la provenienza delle epigrafi era più variabile, evidentemente già prima che il<br />

principe fosse nominato custode delle antichità per la Sicilia orientale. Almeno due iscrizioni<br />

177 Libertini 1930, XVI-XVII, fig. 9. Purtroppo non possiamo dire se furono cambiate le collocazioni delle epigrafi.<br />

178 Pagnano 2001, 24-26; Salmeri 2001, 41. Sulla carica, vd. Pagnano 2001, 15-42.<br />

179 Si trova nel manoscritto Qq D 43 della Biblioteca Comunale di Palermo; è stata pubblicata da Pagnano (2001,<br />

101-65).<br />

180 Vd. Biscari 1781, 71, 74, 83, 85, 126 (con il testo; è la latina CIL X 7192, da Agrigento).

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