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L a c o l l e z i o n e e p i g r a f i c a d e l M u s e o C ... - E-thesis

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38 Kalle Korhonen<br />

quanto dice lo Scammacca, gli fu donata dal Canonico Umiltà di S. Maria in Trastevere (vd. p.<br />

19); quindi, lo stesso è successo nel caso in questione. Come ho detto sopra (p. 20), il Venuti<br />

non sapeva necessariamente distinguere tra le iscrizioni autentiche e le copie, ma sembra che<br />

il materiale mostrato al "soprintendente" abbia contenuto soltanto epigrafi autentiche. Quindi,<br />

per le copie provenienti dalla collezione Biscari, mancano le testimonianze anteriori alla<br />

conservazione a Catania.<br />

Anche se la destinazione di quasi tutte queste iscrizioni fu il Museo Biscari, inaugurato<br />

un decennio dopo il trasporto, ci sono due eccezioni: 300 = CIL VI 20791 (X 1088*, 204) e 321 =<br />

CIL VI 25103 (X 1088*, 301). Non abbiamo notizie su questi due cinerari tra Venuti e<br />

Mommsen, che li vide nella collezione dei Benedettini. Sembra che la loro collocazione<br />

catanese sia stata fin dall'inizio la stessa collezione, visto che il silenzio degli autori siciliani<br />

Torremuzza e Ferrara è più facilmente comprensibile riguardo alle epigrafi conservate dai<br />

Benedettini (cfr. pp. 46 e 52). È notevole che 300 è una delle due iscrizioni segnalate da Venuti<br />

che vengono riportate anche nei fogli pertinenti alla collezione dei Benedettini nel Codice<br />

Marucelliano A 77 (cfr. sopra); l'altra è 256 = CIL X 1089* 133, 129 pure un cinerario, che<br />

comunque sembra essere l'unico pezzo segnalato nel codice che arrivò nel Museo Biscari (vd.<br />

sopra, p. 26).<br />

Oltre alle iscrizioni elencate nella tavola 3, il codice vaticano contiene un'altra epigrafe<br />

finita a Catania: il nr. 273 (CIL VI 13326). Non viene segnalata in rapporto con il trasporto del<br />

1748, ma nel f. 29r, con l'indicazione "In villa Feronia in columbario invento, et continuo<br />

clauso 1735". Venuti mandò l'iscrizione anche al Muratori, con una più esatta indicazione del<br />

luogo di ritrovamento; egli la pubblicò nella sua silloge (Muratori 1739-1742, 1641 nr. 10). È<br />

registrata anche nelle schede pesaresi di Guarnieri (f. 33v), ma con il luogo "vinea Ferronia".<br />

Come ho detto sopra, le epigrafi segnalate da Venuti costituiscono circa la metà di<br />

tutte le urbane autentiche nella collezione Biscari. Non è, in effetti, necessario che tutte le<br />

iscrizioni urbane della collezione siano state acquistate da Scammacca, visto che anche il<br />

principe stesso poteva acquistare epigrafi durante il suo viaggio nel continente del 1750. Ma<br />

finora non sono emerse testimonianze riguardanti tali acquisti (cfr. p. 43).<br />

1.3.6. LA FORMAZIONE DELLE RACCOLTE DI SCAMMACCA: GHEZZI E<br />

VETTORI<br />

A questo punto, sarà interessante discutere due altre testimonianze, che non sono<br />

direttamente in rapporto con Scammacca, e cronologicamente sono di poco anteriori, ma che<br />

illustrano la formazione delle collezioni di Scammacca e il metodo della distribuzione delle<br />

epigrafi nelle collezioni catanesi. Si tratta delle schede di Pier Leone Ghezzi (1674–1755) e di<br />

una lettera di Francesco Vettori ad Antonio Francesco Gori del 1730. Le due testimonianze<br />

erano conosciute dagli editori del CIL. 130 Queste testimonianze contengono un notevole<br />

gruppo di iscrizioni che sono finite nei musei catanesi. C'è un rapporto, inoltre, tra le due<br />

testimonianze: molte iscrizioni segnalate da Vettori si trovano anche nelle schede di Ghezzi, e<br />

vice versa.<br />

129 300 = CIL VI 20791: Cod. Maruc. A 77 f. 3v, 13v; 256 = CIL X 1089*, 133: cod. cit., f. 15r.<br />

130 Le citazioni del CIL VI si basano sulla numerazione dei fogli invecchiata o deficiente.

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