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Parte prima - only fantasy

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«Capisco», commentò pensieroso.<br />

«Uhm... e secondo te perché Engel è stata così fredda con me questa<br />

sera?» chiesi di botto. «Non mi ha neanche salutata.»<br />

«Non ne ho idea», rispose subito. «Non lo so proprio», ripeté,<br />

come per convincersene anche lui, ma il tono della sua voce mi fece<br />

capire che c’era qualcosa sotto. Per il momento, decisi di non approfondire.<br />

Quando arrivammo a Berlino parcheggiò nell’enorme garage della<br />

villa. Nella penombra riconobbi la BMW di Tristan e sperai che magari<br />

fosse già tornato a casa. Poi ricordai che il gruppo disponeva di<br />

altre macchine e sicuramente per gli eventi pubblici non venivano<br />

utilizzate quelle personali.<br />

«Tristan non c’è ancora. Vieni, entriamo in casa. Lo aspetteremo<br />

dentro», propose Konstantin conducendomi verso l’ingresso principale.<br />

Aprì la porta e mi ritrovai in una casa stupenda. Principesca.<br />

L’atrio, illuminato da un’enorme fila di candele che, pensai, doveva<br />

aver acceso il personale di servizio, era dominato da un altissimo,<br />

imponente soffitto a volta. Alle pareti erano appesi diversi quadri<br />

moderni. Mi fermai a osservarli: dovevano essere tutti dello stesso<br />

artista, perché vi dominavano il nero e il viola. Macchie di colore intense<br />

e cupe, che davano alla stanza un’aria spettrale, specie ora che<br />

era illuminata solo dalle fiammelle incerte delle candele. Sulla destra<br />

c’era un’alta porta di legno intarsiato a due battenti, chiusa. Konstantin<br />

l’aprì e ci trovammo in un immenso salone con un grande camino<br />

di ardesia, acceso e scoppiettante, un ampio divano e delle poltrone<br />

in pelle scura. La stanza aveva un’aria d’altri tempi.<br />

«Posso sedermi?» chiesi indicando una poltrona.<br />

«Certo che puoi, sciocchina», rispose Konstantin mentre versava<br />

da bere in due bicchierini. Me ne porse uno e alzò il suo verso l’alto.<br />

«A noi!» brindò facendo tintinnare il mio bicchiere contro il suo.<br />

«A noi», sussurrai timidamente e mandai giù il liquore che mi<br />

bruciò la gola. Konstantin si sedette accanto a me, si accese una sigaretta<br />

e poggiò la testa sullo schienale del divano. «Sei stanco?» gli<br />

domandai sentendomi un po’ in colpa per avergli imposto questo<br />

viaggio.<br />

«Un po’», ammise chiudendo gli occhi. «Soprattutto se penso che

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